Ricorso  della  regione  Veneto,  in persona del presidente della
  giunta  regionale  e  legale  rappresentante pro-tempore, on. dott.
  Giancarlo  Galan,  rappresentata e difesa, come da delega a margine
  del  presente  atto,  dagli avv.ti proff. Giuseppe Franco Ferrari e
  Massimo   Luciani   e  dall'avv.  Romano  Morra,  ed  elettivamente
  domiciliata  presso  lo  studio  del  secondo, in Roma, lungotevere
  delle Navi n. 30;
    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri  per  la
  dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 7 aprile
  2000, n. 79, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale -
  n. 82  del  7 aprile 2000, avente ad oggetto "Conversione in legge,
  con modificazioni  del decreto-legge 4 febbraio 2000, n. 8, recante
  disposizioni  urgenti  per la ripartizione dell'aumento comunitario
  del  quantitativo globale di latte e per la regolazione provvisoria
  del   settore   lattiero-caseario"   nella   sua  interezza  ed  in
  particolare  nella  parte in cui modifica e/o introduce le seguenti
  disposizioni;
        quanto  all'art.  1, comma 1, in quanto, con riferimento alla
  ripartizione  interna  ad  opera  delle  regioni  del  quantitativo
  assegnato   dalla   UE   a   livello   nazionale,  si  dispone  che
  l'assegnazione  deve  avvenire a favore dei produttori operanti nel
  rispettivo  territorio  che  siano  titolari di quota e ancora, con
  riferimento  alla  riserva  pari al 20% del quantitativo piu' volte
  citato a favore dei giovani agricoltori richiedenti, si precisa che
  deve trattarsi di giovani agricoltori ai sensi di cui alla legge 15
  dicembre   1998,   n. 441,   iscritti   nella   apposita   gestione
  previdenziale, anche non titolari di quota;
        quanto  all'art. 1,  comma  1-bis,  in  quanto dispone che le
  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  possono
  assegnare  quantitativi  di riferimento ad universita' degli studi,
  istituti  di  istruzione,  enti  pubblici  e  privati  di ricerca e
  sperimentazione, istituti di pena, nonche' istituzioni pubbliche di
  enti  o organizzazioni private riconosciute che operano nell'ambito
  del  recupero  delle  tossicodipendenze  o  della  riabilitazione e
  dell'inserimento  dei  portatori di handicap mediante la conduzione
  di appropriate strutture produttive;
        quanto  all'art. 1, comma 2, in quanto prevede che le regioni
  e le province autonome di Trento e di Bolzano devono assicurare che
  le  quote  assegnate in applicazione dello stesso articolo, nonche'
  quelle  di  cui  all'art. 1,  comma  21,  del d.-l. n. 43 del 1999,
  convertito,  con  modificazioni,  in  legge  n. 118  del  1999, non
  vengano  in tutto o in parte vendute, affittate, date in comodato o
  costituiscano   oggetto   di  contratti  di  soccida  separatamente
  dall'azienda  e  che,  qualora  il  produttore  beneficiario  delle
  assegnazioni  venda,  affitti, conceda in comodato o faccia oggetto
  di  contratti di soccida, separatamente dall'azienda, tutte o parte
  delle  quote ad esso assegnate confluiscono nella riserva nazionale
  per  essere poste, al fine di rendere possibili nuove assegnazioni,
  nella  disponibilita'  delle  regioni e delle province autonome cui
  afferivano;
        quanto  all'art. 1,  comma  3,  in  quanto,  con  riferimento
  all'eventuale  aggiornamento  ad  opera  delle  regioni  e province
  autonome dei quantitativi di riferimento per la campagna 2000-2001,
  gia' aggiornati secondo le prescrizioni della prima parte del comma
  1  e  diramati  dall'organismo  nazionale di intervento nel mercato
  agricolo a fine marzo 2000, viene introdotta la precisazione che le
  regioni   e   le   province   autonome  stesse  provvedono  a  dare
  comunicazione dei dati cosi' aggiornati entro il 30 giugno 2000, in
  duplice  copia,  di  cui una recante la dicitura "per l'acquirente"
  agli  interessati  e, tramite il sistema informativo, all'organismo
  nazionale  di  intervento  per  il  mercato agricolo e che la copia
  della   comunicazione   sottoscritta   recante   la  dicitura  "per
  l'acquirente"  e' consegnata al produttore dell'acquirente medesimo
  e  costituisce  il titolo per l'applicazione delle disposizioni sul
  prelievo  supplementare,  ed  infine  che  le regioni e le province
  autonome  forniscono  copia  delle predette comunicazioni, anche su
  supporto  magnetico,  agli  acquirenti,  alle  loro organizzazioni,
  nonche'  alle  associazioni  di  produttori  di  latte ai sensi del
  regolamento (CE) n. 952/1997 del Consiglio del 20 maggio 1997;
        quanto  all'art. 1,  comma  3-bis,  in  quanto dispone che le
  regioni  e  le  province autonome di Trento e Bolzano provvedono ad
  adeguare il quantitativo individuale di riferimento alla produzione
  effettivamente   commercializzata   nel  caso  in  cui,  nel  corso
  dell'ultimo  periodo  di  dodici mesi, il medesimo quantitativo non
  sia  stato  utilizzato  per almeno il 70 per cento e che sono fatti
  salvi i casi di forza maggiore e quelli debitamente certificati che
  colpiscono  la  capacita' produttiva dei produttori in questione, a
  condizione  che siano comunicati alle competenti regioni e province
  autonome  entro  il  31  ottobre  di  ogni  anno,  ed  infine che i
  quantitativi  di  riferimento inutilizzati affluiscono alla riserva
  nazionale e sono riattribuiti alla regione o provincia autonoma cui
  afferiscono,  la  quale  provvede  alla riassegnazione, entro il 31
  marzo dell'anno successivo;
        quanto   all'art.   1,  comma  4,  nella  parte  in  cui,  in
  riferimento  alle  dichiarazioni  di  consegna degli acquirenti, ai
  modelli   L1,   e   relativo   trattamento,   viene  introdotta  la
  precisazione  secondo  la  quale i quantitativi di latte risultanti
  dai  modelli  L1 pervenuti dopo l'effettuazione delle operazioni di
  compensazione nazionale sono assoggettati a prelievo definitivo per
  l'intero  ammontare a carico dell'acquirente inadempiente, ferme le
  sanzioni   previste   dal   Regolamento   (CE)  n. 1001/1998  della
  Commissione del 13 maggio 1998;
        quanto all'art. 1, comma 5, nella parte in cui dispone che le
  operazioni  di  compensazione  devono essere effettuate entro il 31
  luglio di ogni anno e che la riscossione coattiva mediante ruolo da
  parte  delle  regioni, e province autonome del prelievo non versato
  deve  essere  effettuata previa intimazione e dopo avere verificato
  l'effettiva    mancata    trattenuta    del   prelievo   da   parte
  dell'acquirente, ovvero la natura non fittizia della stessa;
        quanto  all'art. 1, comma 6, nella parte in cui, con riguardo
  alla  possibilita'  in  capo  ai  produttori, prevista direttamente
  dalla  stessa disposizione, di stipulare contratti di affitto della
  parte  di  quota  non  utilizzata,  separatamente dall'azienda, con
  efficacia  limitata  al  periodo  in  corso,  introduce la seguente
  ulteriore  condizione, ovvero che, a partire dal periodo 2000-2001,
  la  stipula del contratto intervenga anteriormente al 31 gennaio di
  ogni  anno  e  la  comunicazione  agli  organi  regionali  o  della
  provincia autonoma di controllo sia effettuata entro il 15 febbraio
  successivo  e che l'atto attestante il trasferimento di quota debba
  essere  convalidato  dalla  regione  o dalla provincia autonoma del
  produttore  che  acquisisce  il  quantitativo  in  questione, entro
  quindici  giorni  dalla  predetta  comunicazione  e che, infine, e'
  fatto  obbligo alle parti contraenti di trasmettere detto documento
  ai  rispettivi acquirenti che si avvalgono dello stesso ai fini del
  calcolo del prelievo supplementare;
        quanto   all'art. 1,  comma  7,  nella  parte  in  cui  viene
  precisato  che  il  prelievo  dovuto  per  i  periodi  1997-1998  e
  1998-1999  e'  versato  dall'acquirente  entro  trenta  giorni  dal
  ricevimento  della  relativa comunicazione da parte dell'A.I.M.A in
  liquidazione;
        quanto  all'art. 1, comma 7-bis, in quanto dispone che, fermo
  restando  quanto  previsto dall'articolo 1, comma 6, del d.l. n. 43
  del  1999,  convertito,  con  modificazioni, dalla legge n. 118 del
  1999,  l'esatta  localizzazione  delle  aziende  ubicate  in comuni
  parzialmente  delimitati,  con  effetto  a  decorrere  dal  periodo
  1998-1999,  non  opera ai fini dell'applicazione dell'art. 2, comma
  1,  del  d.l.  n. 727 del 1994 convertito, con modificazioni, dalla
  legge n. 46 del 1995;
        quanto  all'art.  1,  comma  8-bis,  in quanto dispone che il
  quantitativo  di  latte  attribuito  ai  sensi del Regolamento (CE)
  n. 1256/1999,  con  decorrenza  dal  1o aprile 2001, affluisce alla
  riserva  nazionale  ed  e'  ripartito  tra  le  regioni  e province
  autonome  sulla  base di criteri stabiliti con decreto del Ministro
  delle  politiche  agricole  e forestali e che lo schema di decreto,
  sentita  la  Conferenza  permanente per i rapporti tra lo Stato, le
  regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e' trasmesso
  al   Parlamento   per  l'espressione  del  parere  da  parte  delle
  competenti commissioni parlamentari e che con le medesime modalita'
  sono  stabiliti  i  criteri  per  la  ripartizione tra le regioni e
  province  autonome  dei  quantitativi  che affluiscono alla riserva
  nazionale  a seguito di revoche, rinunce ed abbandoni effettuati ai
  sensi della normativa nazionale e comunitaria vigente o per effetto
  di ulteriori aumenti comunitari del quantitativo globale nazionale;
        quanto  all'art.  1, comma 8-ter, in quanto dispone che entro
  il 30 giugno 2000 l'A.I.M.A. in liquidazione provvede ad aggiornare
  il  tasso  di  tenore  medio nazionale di grasso di riferimento nel
  latte e che il tasso sara' successivamente aggiornato ogni due anni
  entro il 31 marzo, nel rispetto della normativa comunitaria.

                              F a t t o

    1.  -  Il  regime  delle quote latte, finalizzato al contenimento
  della  produzione  nel  mercato europeo, e' stato introdotto con il
  Regolamento  CEE  del  Consiglio n. 856 del 31 marzo 1984; in forza
  del  predetto  Regolamento,  la  Comunita' europea ha attribuito un
  quantitativo massimo di produzione lattiera a ciascuno Stato membro
  -  per  l'Italia  determinato  in  t.  9.212.000 -, e sottoposto le
  eventuali   eccedenze   al  pagamento  di  una  penalita'  ad  esse
  proporzionale (c.d. prelievo).
    L'attuazione   del   predetto   regime   presupponeva  il  previo
  accertamento  della produzione effettiva sul territorio nazionale e
  la  successiva  proporzionale attribuzione dei quantitativi in capo
  ai singoli produttori.
    In  Italia, i relativi accertamenti furono inizialmente demandati
  all'UNALAT  e  poi,  in  ragione  dei  dubbi  sorti  in ordine alla
  correttezza  di  tali rilevazioni, che si discostavano marcatamente
  dalle  indicazioni  comunitarie,  al C.C.I.A.  In  conclusione,  la
  produzione  complessiva  nazionale  risultava superiore comunque di
  circa un milione di tonnellate rispetto al quantitativo attribuito.
    Nel frattempo veniva approvata la legge 26 novembre 1992, n. 468,
  recante attuazione del regime delle quote latte istituito a livello
  comunitario.
    Sulla  base  delle rilevazioni effettuate, veniva quindi diramato
  il  bollettino  per  la campagna 1994/1995 contenente, nel rispetto
  del  quantitativo  complessivamente  assegnato all'Italia, i limiti
  individuali di produzione.
    Ne  discendeva  un  ampio contenzioso sui quantitativi assegnati,
  che  risultavano  di  gran  lunga  inferiori allo stesso fabbisogno
  nazionale complessivo.

    2.   -   Ai   fini  del  contenimento  della  produzione  interna
  complessiva   entro   il  limite  quantitativo  imposto  a  livello
  comunitario  (nel  frattempo  aumentato a t. 9.900.000), il Governo
  per  mezzo del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n. 46 del
  1995,  operava  un  generalizzato  taglio  della quota B (che, come
  noto,  e'  costituita dalla maggior produzione commercializzata dal
  singolo  produttore  nel  periodo  1991/1992  rispetto  al  periodo
  1988-1989).
    Gia'  tali  provvedimenti  legislativi  introducevano,  in totale
  assenza  di  intesa  o di qualsivoglia altra forma di coordinamento
  con  le  regioni,  criteri  di  riduzione  delle  quote chiaramente
  penalizzanti  nei  confronti  delle  regioni  a piu' alta vocazione
  produttiva.   Pertanto,   veniva  proposto  ricorso  dalle  regioni
  Lombardia   e   Veneto   in   via   principale  per  l'affermazione
  dell'illegittimita'  costituzionale  dei  provvedimenti legislativi
  citati,   in  riferimento  alla  grave  lesione  delle  prerogative
  regionali riconosciute dalla Costituzione dagli stessi perpetrata.
    Codesta  ecc.ma  Corte  si  e' sul punto pronunciata con sentenza
  n. 520 del 1995, dichiarando l'illegittimita' dell'art. 2, comma 1,
  della  legge  n. 46 "nella parte in cui non prevede il parere delle
  regioni  interessate  nel  procedimento  di  riduzione  delle quote
  individuali spettanti ai produttori di latte bovino".

    3.  -  Il  Governo  e'  poi  reiteratamente  intervenuto  con  la
  decretazione  d'urgenza  per  mezzo  dei dd.-ll. nn. 124, 260, 353,
  440,  463, 542 e 552 del 1996, nel dichiarato intento di operare un
  riordino  del  settore,  ma  di  fatto  aggravando  la gia' confusa
  situazione  esistente,  con disposizioni contraddittorie e comunque
  sempre lesive delle prerogative regionali.
    In  particolare,  il sistema di compensazione a livello nazionale
  introdotto  per  mezzo delle citate disposizioni, sempre in assenza
  di   qualsivoglia   forma  di  coordinamento  con  le  regioni,  ha
  moltiplicato  gli  effetti  distorsivi dei tagli di quota (peraltro
  confermati) a danno delle regioni del nord.
    I  dd.-ll.  nn. 542  e  552 del 1996 (reiterativi dei precedenti)
  sono  poi  stati  rispettivamente convertiti in leggi nn. 642 e 649
  del   1996,   subito   seguite   dalla   legge   n. 662  del  1996,
  sostanzialmente  ripetitiva  delle  medesime  disposizioni  in esse
  contenute.
    In  ordine  ai suddetti provvedimenti legislativi, codesta ecc.ma
  Corte, sul ricorso presentato da numerose regioni - tra le quali il
  Veneto  -, ha pronunciato la sentenza n. 398 del 1998, con la quale
  ha,  da  un  lato,  dichiarato  la  cessazione  della  materia  del
  contendere  in  riferimento ad alcune delle disposizioni impugnate,
  in  quanto  sostituite  nel  contenuto dai successivi provvedimenti
  legislativi  adottati in materia nel corso del 1997 (che piu' oltre
  ci   si   riserva   di   illustrare),   e,  dall'altro,  dichiarato
  costituzionalmente illegittime quelle tra le disposizioni impugnate
  ancora in vigore.
    In   particolare,   codesta   ecc.ma  Corte  ha  riconosciuto  la
  fondatezza  delle  censure  sollevate  in riferimento ai criteri di
  compensazione  inizialmente introdotti con il d.-l. n. 124 del 1996
  e poi da ultimo recepiti nell'art. 2, comma 168, della legge n. 662
  del 1996 - specifico oggetto della pronuncia de qua -, ed ha dunque
  dichiarato    l'illegittimita'    costituzionale   della   predetta
  disposizione  nella  parte  in cui "stabilisce i criteri in base ai
  quali  deve  essere effettuata la compensazione nazionale senza che
  sia stato preventivamente acquisito il parere delle regioni e delle
  province autonome".
    Sono  stati, inoltre, dichiarati costituzionalmente illegittimi i
  commi   4,  5  e  5-bis  dell'art. 3  del  d.-l.  n. 552  del 1996,
  convertito  con  modificazioni  dalla  legge n. 642 del 1996, nella
  parte  in cui prevedono "l'adozione di un piano di abbandono totale
  o parziale della produzione lattiera senza che su di esso sia stato
  previamente  acquisito  il  parere  delle  regioni e delle province
  autonome",  attribuiscono "all'A.I.M.A anziche' alle regioni e alle
  province  autonome il compito di provvedere alla riassegnazione, in
  ambito  regionale  e  provinciale,  delle quote latte abbandonate",
  stabiliscono "i criteri in base ai quali la riassegnazione di dette
  quote   deve   essere   effettuata",   ed   infine   prevedono  "la
  riassegnazione  su  base  nazionale  delle  quote abbandonate e non
  riassegnate   in  ambito  regionale  e  provinciale,  senza  previa
  consultazione delle regioni e delle province autonome". Infine, del
  pari  illegittima  e'  stata  dichiarata  la  disposizione  di  cui
  all'art. 2,  comma 173, della legge n. 662 del 1996, nella parte in
  cui essa "differisce i termini ivi previsti - ovvero, il termine di
  efficacia  della  vendita  o dell'affitto di quote, spostato dal 30
  novembre  al  31  dicembre  di  ciascun  anno  -  senza  la  previa
  acquisizione del parere delle regioni e delle province autonome".
    La   summenzionata   pronuncia  ha  peraltro  in  linea  generale
  definitivamente chiarito che la produzione lattiera appartiene alla
  materia  dell'agricoltura,  di competenza delle regioni e non della
  regolazione  dei mercati, di competenza dello Stato e che "il nesso
  strumentale  tra  l'agricoltura,  che  e' l'oggetto specifico delle
  misure  in  questione,  e la politica del mercato agricolo non puo'
  giustificare  l'attrazione  della  prima nell'ambito della seconda,
  poiche' diversamente la competenza regionale verrebbe integralmente
  sacrificata  in  materia  di  agricoltura, posto che ogni attivita'
  agricola  puo'  sempre  essere  strumentale al mercato" (cfr. Corte
  cost., sent. n. 398 del 1998, punto 2 del Considerato in diritto).
    La  regolamentazione  della  produzione lattiera rientra, dunque,
  senza  dubbio  alcuno  nel  piu' ampio settore dell'agricoltura, di
  dichiarata  competenza regionale ai sensi dell'art. 117 Cost., come
  del  resto  e'  confermato  da  ultimo  dal d.lgs. n. 143 del 1997,
  recante "Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in
  materia    di    agricoltura    e    pesca    e    riorganizzazione
  dell'Amministrazione centrale".
    Ne  deriva  che, nella determinazione degli indirizzi generali di
  politica  agricola  - sia pure rimessi all'elaborazione statale per
  garantirne  la  coerenza  con  i  principi comunitari -, le regioni
  debbono  essere  necessariamente  coinvolte,  in  quanto,  appunto,
  titolari  delle relative competenze; tale coinvolgimento richiede -
  in  termini  generali,  ma  ancor  prima  sulla  base dell'espresso
  disposto  dell'art. 2,  comma  1,  del  d.lgs.  n. 143  citato - il
  raggiungimento  di una vera e propria intesa tra Stato e regioni in
  sede  di  Conferenza  permanente  ai  sensi  dell'art. 3 del d.lgs.
  n. 281  del  1997  e  non  certo  la  mera  consultazione, sia essa
  preventiva  o  addirittura  successiva, delle regioni, che non puo'
  garantire  la  reale  partecipazione  delle  stesse al procedimento
  decisionale.

    4.  -  All'inizio  del 1997, il Governo e' nuovamente intervenuto
  nel  settore  de  quo  per  mezzo  del  d.-l.  n. 11  del 1997, poi
  convertito  in  legge  n. 81  del  1997  (entrambi impugnati avanti
  codesta  ecc.ma  Corte,  tra  le  altre,  dalla  regione Veneto con
  ricorsi  nn. rr.gg.  26  e 37 del 1997). In sede di conversione, si
  riconoscevano  finalmente in capo alle regioni competenze attuative
  della normativa comunitaria in materia di quote latte, ma cio' solo
  a decorrere dalla campagna 1997/1998, e comunque facendo salve - in
  attesa  di  una fantomatica riforma organica del settore - tutte le
  competenze dell'A.I.M.A.
    Veniva  inoltre istituita una Commissione governativa d'indagine,
  nell'ambito   della   quale   non   era   peraltro  contemplata  la
  partecipazione di rappresentanti regionali, e si prevedeva altresi'
  un  regime  di  incentivi  a fronte dell'abbandono della produzione
  lattiera.
    Successivamente,  ancora  ricorrendo alla decretazione d'urgenza,
  con  d.-l.  n. 118 del 1997 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte,
  tra  le  altre,  dalla  regione  Veneto  con ricorso n. r.g. 41 del
  1997),  poi  convertito  in  legge  n. 204  dello  stesso  anno, si
  prevedeva  la proroga dei lavori della Commissione governativa piu'
  sopra    menzionata,   nonche',   sulla   base   delle   risultanze
  dell'indagine condotta dalla Commissione stessa, l'aggiornamento da
  parte  dell'A.I.M.A  degli  elenchi  dei  produttori  sottoposti  a
  prelievo   supplementare   per   il   periodo  1995-1996.  In  sede
  di conversione  si aggiungeva, infine, la sospensione dei programmi
  di  abbandono  istituiti con il precedente d.-l. n. 11 dello stesso
  anno.
    Nel  frattempo,  in esito all'indagine effettuata, la Commissione
  governativa, nelle relazioni dell'aprile e dell'agosto dello stesso
  1997,   evidenziava,   tra  l'altro,  il  fenomeno  dei  cosiddetti
  "contratti anomali" e rendeva noti i risultati delle simulazioni di
  compensazione  per  l'annata  1995-1996 effettuate a livello sia di
  APL che nazionale.

    5.  - Malgrado l'invito della Commissione governativa a procedere
  ad  una  complessiva  -  nonche'  definitiva  - riforma del settore
  lattiero-caseario,  il Governo e' poi nuovamente intervenuto con la
  decretazione  d'urgenza per mezzo del decreto-legge n. 411 del 1997
  (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione
  Veneto con ricorso n. r.g. 3 del 1998).
    In sintesi, il decreto, nel testo coordinato con le modificazioni
  introdotte  dalla  legge  di  conversione  n. 5  del 1998 (del pari
  impugnata  dalle  regione  Veneto con ricorso n. r.g. 19 del 1998),
  quanto  al  procedimento di accertamento della produzione lattiera,
  prevedeva  ancora  in  capo  all'A.I.M.A  competenze in ordine alla
  determinazione della produzione effettiva per i periodi 1995-1996 e
  1996-1997,  predeterminando le particolari fattispecie tipizzate da
  assoggettare a verifica (art. 2, comma 1).
    In   esito   a   tali  accertamenti  veniva  confermato  in  capo
  all'A.I.M.A  anche  il  compito  di  aggiornare  i  quantitativi di
  riferimento   dei  singoli  produttori  (e  di  darne  agli  stessi
  comunicazione)  per  i  periodi  1995-1996,  1996-1997 e 1997-1998,
  tenendo  conto, anche in questo caso, di predeterminate fattispecie
  tipizzate (art. 2, comma 3 e comma 5, prima parte, e art. 4).
    Veniva  poi  introdotto  un procedimento di riesame ad iniziativa
  dei  singoli  produttori  interessati  (i  cosiddetti  "ricorsi  di
  riesame")  di  competenza  delle  regioni (art. 2, comma 5, seconda
  parte  e  comma  6),  che avrebbero dovuto essere dagli stessi enti
  istruiti  e  decisi  nel  termine ristrettissimo di sessanta giorni
  (art. 2, comma 8).
    Nelle  more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto,
  il  Governo  disponeva poi in favore dei produttori - limitatamente
  al  periodo  1996-1997  -  la  restituzione  dell'80% degli importi
  trattenuti  dagli  acquirenti a titolo di prelievo supplementare e,
  quanto  al  periodo  1997-1998, la restituzione dell'intero importo
  trattenuto  a  titolo di prelievo supplementare relativo alla parte
  di  quota  B  ridotta  dall'art.  2  del  d.-l.  n. 727  del  1994,
  convertito  in  legge n. 46 del 1995, nonche' dell'importo relativo
  agli  esuberi  conseguiti  da produttori titolari esclusivamente di
  quota A nei limiti del 10% della medesima (art. 1).
    Inoltre,   l'art. 3  disponeva  che  l'A.I.M.A  provvedesse  alla
  rettifica  della  compensazione nazionale per i periodi 1995-1996 e
  1996-1997  sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata
  in  vigore del decreto, nonche' degli accertamenti compiuti e delle
  decisioni  dei  ricorsi di riesame di cui all'art. 2. Si prevedeva,
  poi,  che,  limitatamente  al periodo 1995-1996, l'A.I.M.A - previo
  raffronto  tra  i  dati  della  compensazione  nazionale  e  quelli
  derivanti   dall'applicazione   delle   regole   di   compensazione
  precedentemente in vigore - applicasse in via perequativa l'importo
  del  prelievo  supplementare  che  risultasse  meno  oneroso per il
  produttore.
    L'art.  4-bis istituiva una commissione di garanzia - nell'ambito
  della  quale  non era prevista la partecipazione di alcun membro di
  provenienza regionale - con il compito di verificare la conformita'
  alla  vigente  legislazione  delle  procedure  e  delle  operazioni
  effettuate  per la determinazione della quantita' di latte prodotta
  e  commercializzata  e  per  l'aggiornamento  dei  quantitativi  di
  riferimento  spettanti  ai  produttori  per  i  periodi  1995-1996,
  1996-1997 e 1997-1998.
    Quanto  alla  campagna  1998/1999,  l'art. 5,  in espressa deroga
  all'art. 1  del d.-l. n. 11 del 1997, convertito in legge n. 81 del
  1997,  attribuiva  nuovamente  all'A.I.M.A  la competenza in ordine
  alla redazione degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei
  quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999.

    6. - Il  17  febbraio 1998 il Ministero per le politiche agricole
  emanava un decreto (impugnato dalla regione Veneto per conflitto di
  attribuzioni con ricorso pendente avanti a codesta ecc.ma Corte con
  n. r.g.   12/1998)   disciplinante,  oltre  che  le  modalita'  per
  l'istruttoria  dei  ricorsi di riesame, anche le altre modalita' di
  applicazione  del decreto-legge n. 411, cosi' come convertito dalla
  legge  n. 5,  in  tal  modo  aggravando  ulteriormente, a discapito
  dell'autonomia  organizzativa  delle  regioni,  la  gia'  manifesta
  illegittimita'  costituzionale  delle  disposizioni legislative che
  pretendeva di attuare.
    Successivamente,  con  d.-l.  n. 187  del  1998,  convertito  con
  modificazioni  in  legge  n. 276 del 1998 (impugnata avanti codesta
  ecc.ma  Corte dalla regione Veneto con n. r.g. 38 del 1998), veniva
  prorogato  il  termine  per la decisione da parte delle regioni dei
  ricorsi  di  riesame  di  cui all'art. 2, comma 5, del d.-l. n. 411
  avverso  le  determinazioni A.I.M.A. e si confermavano in capo alla
  stessa  A.I.M.A.  le attribuzioni in ordine all'aggiornamento degli
  elenchi  dei titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti
  per il periodo 1998/1999.

    7. - Dopo  anni  di  gestione  operata  in  via  straordinaria, e
  percio'   sommaria,  la  definitiva  riorganizzazione  del  settore
  lattiero-caseario  si  rendeva  dunque - e si rende tuttora - tanto
  piu'  necessaria in esito alle verifiche compiute dalla Commissione
  governativa  di  indagine  e dalla Corte dei conti. Dalle relazioni
  redatte  sul  punto  dagli  organi  citati  emergeva,  infatti,  la
  necessita' di approntare un valido e definitivo sistema di gestione
  altemativo  a  quello  che si e' venuto formando sotto l'assillo di
  fatti  contingenti  e  per  cio'  stesso privo di qualsiasi disegno
  programmatico   e   di  adeguata  stabilita'.  In  particolare,  si
  sottolineava  come  tale sistema alternativo dovesse essere attuato
  mediante  una  reale  decentralizzazione  regionale  in  materia di
  agricoltura.
    Di conseguenza, il Governo, nella consapevolezza dell'inidoneita'
  dello  strumento  del  decreto-legge  ai  fini  di cui sopra, aveva
  finalmente   predisposto  un  disegno  di  legge  preordinato  alla
  definitiva  regolamentazione  del  settore.  Senonche',  di  fronte
  all'opposizione  della  maggioranza dei rappresentanti regionali in
  sede  di  conferenza  permanente  del  24 febbraio  1999, ed ancora
  ignorando totalmente il disposto di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs.
  n. 143  del 1997, che prescrive il raggiungimento di un'intesa, per
  di  piu' necessariamente preventiva tra Stato e regioni, il Governo
  ha  abbandonato  l'iniziale intento, ed ha trasfuso parte del testo
  originario  nel  decreto-legge  n. 43  del  1999  (impugnato avanti
  codesta  ecc.ma  Corte,  tra  le  altre,  dalla  regione Veneto con
  ricorso  n. r.g.  15  del  1999),  che, nel testo coordinato con le
  modificazioni introdotte dalla legge di conversione n. 118 del 1999
  (del pari impugnata, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso
  n. r.g.  19  del  1999),  prevede,  in  estrema sintesi, i seguenti
  adempimenti.
    Quanto  ancora  alle  procedure  di accertamento della produzione
  lattiera, si prevedeva l'obbligo in capo alle regioni di comunicare
  all'A.I.M.A,  entro  il  brevissimo  termine di trenta giorni dalla
  data  di  entrata  in  vigore  del  decreto,  dei "motivati" errori
  intervenuti  nelle operazioni di riesame di cui al d.-l. n. 411 del
  1997  e  delle  relative  correzioni,  sulla  base  delle tipologie
  individuate  nella  relazione  finale della Commissione di garanzia
  quote   latte,  e  la  "recezione"  di  tali  correzioni  da  parte
  dell'A.I.M.A  (art. 1,  comma  2),  nonche'  la  definizione, entro
  sessanta  giorni  dalla  data di entrata in vigore del decreto, con
  uno  o piu' decreti del Ministro per le politiche agricole, di ogni
  ulteriore questione relativa alle stesse operazioni di riesame, non
  risolta ai sensi del citato comma 2 (art. 1, comma 14).
    Si   preveda,   inoltre,   l'aggiornamento,   ancora   ad   opera
  dell'A.I.M.A,   dei   quantitativi   individuali   per  il  periodo
  1997-1998,  gia'  accertati  ai sensi del d.-l. n. 411, sulla base,
  anche  in  questo  caso, di fattispecie tipizzate (art. 1, comma 3,
  lettera  a),  e  la  comunicazione  individuale  ai  produttori dei
  quantitativi    individuali    sopra    citati   delle   produzioni
  commercializzate per il periodo 1997-1998 risultanti dai modelli L1
  pervenuti  all'A.I.M.A.,  e  delle  anomalie  in  essi riscontrate,
  tenuto  anche  conto  delle risultanze dei ricorsi relativamente al
  numero  dei  capi  accertati  (art. 1, comma 3, lettera b), nonche'
  l'aggiornamento  definitivo  dei  quantitativi  individuali  per il
  periodo   1998-1999,  che  avrebbe  costituito  anche  attribuzione
  provvisoria  per  il  periodo  1999-2000  per  mezzo  della  stessa
  comunicazione di cui al predetto comma 3, lettera b) (art. 1, comma
  4).
    Si  rimetteva  poi  al  Ministro  per  le politiche agricole, con
  proprio  decreto,  la  definizione  delle modalita' procedurali per
  addivenire  alle determinazioni definitive dei dati di cui ai commi
  3  e  4  sopra  citati  da  parte delle regioni e province autonome
  (art. 1,  comma 5) e per la comunicazione individuale ai produttori
  dei  dati  afferenti  anche  alla campagna 1998-1999 (art. 1, comma
  10).
    Veniva   poi  fissato  in  venti  giorni  dal  ricevimento  della
  comunicazione  A.I.M.A.  il  termine  per  il versamento, a seguito
  delle  operazioni di compensazione di cui al comma 10, del prelievo
  dovuto per il periodo 1998-1999 agli acquirenti (art. 1, comma 19).
    Quanto  alle  operazioni  di  compensazione  e  alla  conseguente
  determinazione  del  prelievo supplementare, si attribuivano ancora
  in  capo  all'A.I.M.A.  le  relative competenze, sia in riferimento
  alle  annate  1995-1996  e  1996-1997  (art. 1,  comma  1)  che con
  riferimento  alle  annate  1997-1998 e 1998-1999 (art. 1, commi 7 e
  9),  e  venivano  riprodotti gli stessi criteri di compensazione di
  cui  al  d.-l.  n. 552 del 1996, e relativa legge di conversione ed
  alla  legge  n. 662  del  1996,  mantenendo  il  medesimo ordine di
  priorita' (art. 1, comma 8) - valevoli, in attesa della riforma del
  settore,  anche  in riferimento all'annata 1999-2000 (art. 1, comma
  21-ter)  -,  salvo  che per le annate 1997-1998 e 1998-1999, per le
  quali,  in  deroga ai suaccennati criteri ed al loro ordine, veniva
  istituita  una priorita' assoluta in favore delle regioni Marche ed
  Umbria  (art. 1,  comma 9) e per l'annata 1995-1996, in riferimento
  alla  quale,  l'A.I.M.A.,  nella  esecuzione della rettifica di cui
  all'art.  3 del d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del
  1998,   non  avrebbe  applicato  le  riduzioni  della  quota  B  in
  ottemperanza  alle  sentenze  concernenti  le  illegittimita' delle
  stesse riduzioni (art. 1, comma 1).
    Venivano inoltre previste procedure particolari per il versamento
  del  prelievo  cosi'  determinato,  ovvero  l'obbligo  in  capo  al
  produttore, qualora le somme trattenute dall'acquirente a titolo di
  prelievo   per   i   periodi  1995-1996  e  1996-1997  non  fossero
  sufficienti  a  coprire  il  prelievo  complessivamente  dovuto, di
  corrispondere  all'acquirente  la differenza entro il quinto giorno
  antecedente la scadenza del termine per il versamento degli importi
  trattenuti   dall'acquirente  stesso  (pari  a  trenta  giorni  dal
  ricevimento della comunicazione da parte dell'A.I.M.A. dei prelievi
  dovuti)  e,  in  difetto, su comunicazione dell'acquirente e previa
  intimazione  al  pagamento,  la  riscossione  coattiva  del  debito
  residuo  mediante ruolo ad opera dell'A.I.M.A stessa (art. 1, comma
  15).
    Con effetto a decorrere dal periodo 1996/1997, veniva poi fissato
  il  termine  per  la  stipula dei contratti di affitto e vendita di
  quota  senza  trasferimento  di  azienda, al 31 dicembre di ciascun
  anno,  fatti  salvi  gli  accertamenti  eseguiti ai sensi del d.-l.
  n. 411  del 1997, e la possibilita' che i contratti cosi' stipulati
  entro  il  31 dicembre  1996,  su  concorde  volonta'  delle  parti
  comunicata all'A.I.M.A, potessero avere effetti in riferimento alla
  stessa annata 1996/1997 (art. 1, comma 20).
    Si  prevedeva  inoltre  la  ripartizione, a decorrere dal periodo
  1999-2000,  delle quote confluite nella riserva nazionale in misura
  proporzionale  ai quantitativi individuali allocati presso ciascuna
  regione  o  provincia  autonoma accertati per i periodi 1995-1996 e
  1996-1997  ai  sensi del d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge
  n. 5  del  1998, e l'assegnazione da parte delle singole regioni ai
  produttori  secondo  criteri  di  priorita' deliberati dagli stessi
  enti,  ma  comunque  in primis a favore dei produttori che avessero
  subito  le  riduzioni di cui alla legge n. 46 del 1995, e comunque,
  in  nessun  caso, a favore dei produttori che nel corso dei periodi
  1997-1998 e 1998-1999 avessero venduto ovvero affittato, in tutto o
  in  parte,  le  quote  di  cui  erano  titolari (art. 1, commi 21 e
  21-bis).
    Ai  fini  dello  svolgimento  delle  operazioni  di compensazione
  contemplate  dallo stesso decreto, si introducevano poi surrettizie
  limitazioni   degli  effetti  degli  provvedimenti  giurisdizionali
  ottenuti dai produttori in ordine alla consistenza del quantitativo
  assegnato e del prelievo supplementare addebitato (art. 1, commi 11
  e 13).
    Si  preveda,  infine,  in  capo  all'acquirente un vero e proprio
  obbligo  (pena  l'applicazione a danno dell'acquirente stesso delle
  sanzioni  amministrative  di cui all'art. 11 della legge n. 468 del
  1992 e all'art. 23 del d.P.R. n. 569 del 1993) di conferma dei dati
  risultanti  dagli accertamenti effettuati ai sensi del d.-l. n. 411
  a  rettifica  dei  dati dichiarati dai produttori nei modelli L1 in
  riferimento  alle  annate  1995-1996,  1996-1997  (comma  17, primo
  periodo)  e  1997-1998  (comma  18)  e,  in  difetto,  la rettifica
  automatica  dei  dati  contenuti  nel  modello  L1 in conformita' a
  quelli  risultanti dalle operazioni di accertamento di cui al d.-l.
  n. 411 piu' volte citato, ferme le procedure sanzionatorie previste
  dalla legge (art. 1, comma 17, secondo periodo).

    8. - Nel  frattempo,  con  d.lgs.  n. 165  del 1999, l'A.I.M.A e'
  stata  soppressa  e  posta in liquidazione, con residue competenze,
  previste   dalle  disposizioni  transitorie  dello  stesso  decreto
  legislativo  (art. 12)  fino  alla  data  di  riconoscimento  della
  neoistituita  A.G.E.A. - Agenzia per le erogazioni in agricoltura -
  come  organismo  pagatore,  limitate  alla  erogazione  degli aiuti
  comunitari  relativi alle campagne in corso e a quelle precedenti e
  allo  svolgimento di compiti di organismo di intervento nel mercato
  agricolo previsti dalla normativa comunitaria.
    Quanto   ai   rapporti   gia'  in  essere  tra  l'A.I.M.A.  e  le
  organizzazioni  professionali  agricole in relazione alla attivita'
  istituzionale  delle  stesse  in  favore  dei  produttori  agricoli
  aderenti  ed  ai  compiti  della  stessa  azienda  di informazione,
  divulgazione,  raccolta  dati ed elementi di fatto occorrenti anche
  per le operazioni di controllo previste dalla normativa comunitaria
  e  nazionale  e rispondenti all'interesse della collettivita', essi
  sono  stati prorogati sino al 30 giugno 1999 (art. 12, comma 1, del
  d.lgs. n. 165 del 1999).
    Quanto  alle  competenze  riconosciute  in  capo  al  commissario
  liquidatore  dell'A.I.M.A,  esse afferiscono unicamente le funzioni
  prorogate dell'A.I.M.A. quale organismo pagatore ai sensi del sopra
  descritto  comma  1  ed  il passaggio all'A.G.E.A. delle attivita',
  delle  funzioni  e dei beni materiali ed immateriali (cfr. art. 12,
  commi  2  e  3),  nonche'  gli  atti  ed  attivita'  necessarie  ad
  assicurare la continuita' nell'erogazione dei pagamenti degli aiuti
  ai   produttori   e  la  gestione  degli  interventi  connessi  con
  l'applicazione  di regolamenti comunitari e nazionali in materia di
  aiuti e per la gestione e l'aggiornamento degli schedari oleicolo e
  viticolo (cfr. art. 12, comma 4).
    Come  si  evince chiaramente dalle disposizioni sopra richiamate,
  gia'  dal  30 giugno 1999, il commissario liquidatore dell'A.I.M.A.
  era  ormai  privo  di  qualsivoglia  potere  di  accertamento della
  produzione,   di  aggiornamento  dei  quantitativi  individuali  di
  riferimento,  di  effettuazione  delle  operazioni di compensazione
  nazionale e conseguente determinazione del prelievo supplementare a
  carico dei produttori considerati eccedentari. Nondimeno, lo stesso
  commissario  ha  continuativamente svolto - come anche si chiarira'
  piu'  oltre  -  le  funzioni di cui sopra, da ultimo tra la fine di
  marzo ed i primi giorni di aprile 2000.

    9. - In   riferimento   a  tutti  i  ricorsi  per  illegittimita'
  costituzionale proposti, tra le altre, dalla regione Veneto, contro
  i  sopradescritti  provvedimenti legislativi adottati in materia di
  quote  negli anni 1997, 1998 e 1999, codesta ecc.ma Corte, in esito
  all'udienza  di  discussione  del  26 ottobre  1999,  ha,  in  data
  15 dicembre  1999, emesso un'ordinanza istruttoria, per mezzo della
  quale  ha ordinato alla Presidenza del Consiglio il deposito, entro
  il  termine  di  centottanta  giorni, della documentazione relativa
  alle   sedute   della   conferenza   permanente   per   i  rapporti
  Stato-regione  tenutesi  con  riguardo ai provvedimenti legislativi
  impugnati;  della  relazione  finale  delle Commissione di garanzia
  quote  latte,  istituita dall'art. 4-bis del d.-l. n. 411 del 1997,
  convertito  in  legge  n. 5 del 1998; di un prospetto delle date di
  emissione  dei  bollettini  A.I.M.A  in  riferimento  alle campagne
  lattiero-casearie 1995-1996, 1996-1997, 1997-1998; di un quadro del
  contenzioso  civile  e  amministrativo  in corso, in relazione alla
  determinazione  delle  quote latte individuali e alle compensazioni
  effettuate dall'A.I.M.A. In pendenza del termine imposto da codesta
  ecc.ma   Corte,   l'ordinanza   non  risulta  essere  stata  ancora
  ottemperata.
    Analoga ordinanza istruttoria (del 15 dicembre 1999) e' stata poi
  adottata  da  codesta  ecc.ma  Corte  con  riguardo  al ricorso per
  conflitto  di attribuzione proposto dalla stessa regione ricorrente
  in  riferimento  al  decreto  ministeriale  del  Ministero  per  le
  politiche  agricole  del  17  febbraio  1998 (rubricato con n. r.g.
  n. 12  del  1998);  in questo  caso,  la  Presidenza del Consiglio,
  atteso  il piu' breve termine imposto di centoventi giorni, ha gia'
  provveduto  a  depositare  la  documentazione  richiesta,  che, per
  quanto qui interessa, non fa che confermare la mancanza di adeguato
  coinvolgimento   delle  regioni  (coinvolgimento,  che,  quanto  al
  decreto  ministeriale  in  oggetto,  sulla  base della stessa fonte
  legislativa  - il d.-l. n. 411, convertito in legge n. 5 -, avrebbe
  dovuto   avvenire   nelle  forme  dell'intesa),  in  ragione  della
  attivazione da parte del Governo di una consultazione delle regioni
  in  sede  di  conferenza  meramente formale, e comunque tardiva, in
  quanto  disposta  in  ordine ad un testo gia' predisposto a livello
  ministeriale.

    10. - Sono stati nel frattempo diramati (precisamente nel mese di
  luglio del 1999) i provvedimenti A.I.M.A. recanti i risultati della
  compensazione  nazionale  delle  produzioni  di latte per i periodi
  1995-1996  e  1996-1997  e  degli importi di prelievo supplementare
  conseguentemente   addebitati   ai  produttori  per  le  annate  di
  riferimento.  Si  e'  cosi'  aperto un nuovo vastissimo contenzioso
  avanti  ai  tribunali  amministrativi  ad  iniziativa, non solo dei
  singoli  produttori,  loro  associazioni  e primi acquirenti, ma da
  parte  delle  stesse  regioni,  tra  le  quali il Veneto, che hanno
  chiesto, e molti ottenuto, la sospensione degli elenchi medesimi in
  ragione  delle  evidenti  illegittimita' riscontrate (tra le altre:
  retroattivita',  incertezza  dei  dati quantitativi di riferimento,
  omessa  motivazione,  omesso  riscontro in ordine alla applicazione
  della  compensazione  "meno  onerosa"  in riferimento alla campagna
  1995-1996).
    Il  Ministero per le politiche agricole ha poi adottato, dapprima
  il  decreto  n. 159  del  21 maggio  1999  (impugnato dalla regione
  Veneto  con ricorso per conflitto di attribuzioni n. r.g. 29/1999),
  recante  attuazione  dell'art.  1,  comma  5,  del  d.-l.  n. 43  e
  conseguente   determinazione   delle   modalita'   procedurali  per
  addivenire   alle   determinazioni   "definitive"   in   ordine  ai
  quantitativi  individuali  per  la campagna 1997-1998 ai fini della
  effettuazione delle operazioni di compensazione in riferimento alla
  medesima annata, e successivamente i decreti ministeriali nn. 309 e
  310, rispettivamente del 15 luglio 1999 e 10 agosto 1999 (impugnati
  dalla  regione  Veneto  avanti  codesta  ecc.ma  Corte con separati
  ricorsi   per   conflitto   di  attribuzioni),  recanti  attuazione
  dell'art.  1,  comma  14, del d.-l. n. 43, a pretesa risoluzione di
  ogni   ulteriore   questione   afferente  i  dati  quantitativi  di
  riferimento  per  le  annate  1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998. Per
  mezzo  dei decreti citati, che nulla risolvono in via definitiva ma
  tutto  rimettono  in  discussione  in  ordine  al  tanto  sospirato
  accertamento  definitivo in riferimento a campagne produttive ormai
  concluse  da  anni, le regioni sono state ulteriormente relegate ad
  un  ruolo  meramente  esecutivo  delle  incoerenti  -  e non  certo
  risolutive - "direttive" di derivazione statale.
    Sulla   base   di   tali   decreti,  il  commissario  liquidatore
  dell'A.I.M.A ha, nel mese di ottobre del 1999, operato la rettifica
  degli esiti della compensazione per le annate 1995-1996 e 1996-1997
  (in ordine ai quali si e' aperto un nuovo vastissimo contenzioso) e
  successivamente  emesso,  nei primi giorni del mese di febbraio del
  2000, gli elenchi recanti attribuzione dei quantitativi individuali
  di  produzione  in  riferimento  alle  successive annate 1997-1998,
  1998-1999   e,  seppure  in  via  dichiaratamente  provvisoria  per
  l'annata   1999-2000  (anch'esse,  quanto  alle  prime  due  annate
  considerate,  concluse,  rispettivamente,  da  oltre  due anni e un
  anno, e, quanto all'annata 1999-2000, prossima alla chiusura).
    Comunque  ora  non si tratta piu' semplicemente di chiudere "alla
  meno   peggio"  annate  lattiere  ai  fini  dell'adempimento  degli
  obblighi   comunitari   in   termini  di  versamento  del  prelievo
  supplementare,  ma  di  organizzare un sistema che regga per almeno
  ulteriori  otto  anni: infatti, con regolamento CE n. 1256/1999 del
  Consiglio,   del   17   maggio   1999,   il   regime  del  prelievo
  supplementare,  istituito con regolamento CE n. 3950/1992, e' stato
  prorogato  per  ulteriori  otto anni consecutivi a decorrere dal 1o
  aprile 2000.
    Il  regolamento  citato, per mezzo del quale sono stati accordati
  all'Italia   ulteriori  quantitativi  di  produzione,  ha  peraltro
  espressamente   previsto  che  le  disposizioni  comunitarie  siano
  attuate "al livello territoriale appropriato o in zone di raccolta"
  al  fine  di  "rafforzare  la  possibilita'  di gestione in maniera
  decentrata  ...,  ristrutturare la produzione lattiera o migliorare
  l'ambiente"  (cfr.,  reg.  CE  n. 1256/1999,  quinto considerando e
  punto e) dell'art. 8).

    11. - Al fine di ripartire il quantitativo ulteriore riconosciuto
  dalla  UE,  il  Governo ha ancora ingiustificatamente fatto ricorso
  alla  decretazione  d'urgenza, adottato, in assenza di qualsivoglia
  forma di coordinamento con le regioni e province autonome, il d.-l.
  n. 8  del  2000  (impugnato  dalla  regione Veneto avanti a codesta
  ecc.ma Corte costituzionale), i cui contenuti possono sintetizzarsi
  come segue:
        venivano   stabilite   le   modalita'   di  ripartizione  del
  quantitativo  di  latte attribuito dalla UE per mezzo del reg. (CE)
  n. 1256/1999,  con  decorrenza dal 1o aprile 2000, e si prevedeva a
  tal  fine  che  tale quantitativo, una volta affluito nella riserva
  nazionale,  venisse ripartito tra le regioni e le province autonome
  sulla  base  della tabella allegata (30.050 al Piemonte; 1.700 alla
  Valle  D'Aosta;  141.900  alla  Lombardia; 13.150 alla provincia di
  Bolzano; 4.200 alla provincia di Trento; 43.750 al Veneto; 8.650 al
  Friuli-Venezia Giulia; 400 alla Liguria; 64.500 all'Emilia-Romagna;
  3.550  alla Toscana; 2.250 all'Umbria; 1.850 alle Marche; 18.600 al
  Lazio;  3.650  all'Abruzzo;  3.200 al Molise; 11.750 alla Campania;
  10.850  alla  Puglia;  3.800  alla Basilicata; 2.400 alla Calabria;
  5.750  alla  Sicilia;  8.050 alla Sardegna) e si rimetteva poi alle
  regioni   e  province  autonome  la  riassegnazione  ai  produttori
  operanti     nel    rispettivo    territorio    del    quantitativo
  complessivamente  assegnato,  entro tre mesi dall'entrata in vigore
  del  decreto  stesso,  secondo  criteri  oggettivi  di  priorita' e
  modalita'  preventivamente  determinate;  piu'  in  particolare, si
  stabiliva  che tali criteri dovevano comunque prevedere una riserva
  pari  almeno  al  20% in favore dei giovani agricoltori richiedenti
  (salvo  il  caso  di  mancanza  di sufficienti richieste) e che, in
  nessun  caso,  potevano  beneficare delle suddette riassegnazioni i
  produttori  che,  nel  corso  degli  ultimi  tre  periodi, avessero
  venduto, affittato o comunque ceduto, in tutto o in parte, le quote
  di cui erano titolari (art. 1, comma 1);
        si  prevedeva  che le regioni e le province autonome potevano
  stabilire  che  le  quote  di coloro che avessero beneficiato delle
  assegnazioni  di cui allo stesso art. 1 e di quelle di cui all'art.
  12,   comma   21,   del   d.-l.  n. 43/1999,  convertito  in  legge
  n. 118/1999,  non  potevano  essere  in  tutto  o in parte vendute,
  affittate,  comodate  o  costituire oggetto di contratti di soccida
  per  uno o piu' periodi, salvo documentati casi di forza maggiore e
  disponeva  che  le  quote  non  assegnate  dalle regioni o province
  autonome  nel  termine  di cui al comma 1 riaffluivano alla riserva
  nazionale   per   essere   ripartite   tra  le  regioni  in  misura
  proporzionale  ai  quantitativi  fissati  nella tabella allegata al
  decreto (art. 1, comma 2);
          si  disponeva  che  le  regioni  e le province autonome, in
  applicazione  dell'art. 1 del d.-l. n. 11/1997, convertito in legge
  n. 81/1997,   dovevano,   entro   il   15 marzo   2000,  provvedere
  all'aggiornamento  dei  quantitativi individuali di riferimento dei
  produttori titolari di quota la cui azienda sia ubicata nel proprio
  territorio,   per   il  periodo  2000-2001,  avvalendosi  dei  dati
  risultanti  dal  sistema  informatico di supporto di cui all'art. 5
  del  decreto del Ministero per le politiche agricole n. 159/1999, e
  che  la comunicazione relativa ai dati citati, da effettuarsi entro
  il 31 marzo 2000, sarebbe stata poi curata dall'organismo nazionale
  di  intervento  nel  mercato  agricolo e disponeva, inoltre, che le
  regioni e le province autonome erano poi tenute a provvedere, entro
  il   30 giugno   2000,  all'eventuale  aggiornamento  dei  suddetti
  quantitativi   individuali   e   alla   relativa  comunicazione  ai
  produttori   interessati   e,   tramite   il  sistema  informativo,
  all'organismo  nazionale  di  intervento  nel  mercato  agricolo  e
  prevedeva,  altresi', che tali comunicazioni costituivano il titolo
  da  produrre,  in copia conforme, all'acquirente per l'applicazione
  delle  disposizioni sul prelievo supplementare e che, per i periodi
  successivi,  le  comunicazioni  dovevano  avvenire,  a  cura  delle
  regioni  e  province  autonome,  entro  il 28 febbraio di ogni anno
  (art. 1, comma 3);
        si   prevedeva  che  alle  dichiarazioni  di  consegna  degli
  acquirenti  e  ai relativi modelli L1 continuavano ad applicarsi le
  disposizioni di cui all'art. 4, commi 2 e 3, del d.-l. n. 411/1997,
  convertito in legge n. 5/1998, e che, in presenza delle anomalie di
  cui  all'art.  1, comma 4, del decreto ministeriale n. 159/1999, le
  regioni  e  province  autonome  dovevano provvedere agli occorrenti
  accertamenti  con  le  modalita' previste dall'art. 3, commi 2 e 3,
  dello  stesso  decreto  ministeriale n. 159/1999, ovvero con quelle
  dai medesimi enti stabilite (art. 1, comma 4);
        si  prevedeva  che alle operazioni di compensazione nazionale
  si  applicavano  i  criteri  di  cui all'art. 1, comma 8, del d.-l.
  n. 43/1999,   convertito   in   legge   n. 118/1999,   nonche'   le
  disposizioni  di  cui  ai commi 11, 12 e 13 del medesimo art. 1, in
  quanto  compatibili,  e  che,  in  caso  di  mancato  pagamento del
  prelievo  supplementare  da  parte dell'acquirente, le regioni e le
  province  autonome  dovevano  effettuare  la  riscossione  coattiva
  mediante ruolo anche nei confronti del produttore, salvo il diritto
  di  rivalsa  di questi nei confronti dell'acquirente inadempiente o
  insolvente (art. 1, comma 5);
        si  disponeva  che le regioni e le province autonome potevano
  autorizzare,  in  deroga  a  quanto previsto dall'art. 10, comma 2,
  lettera  a),  della  legge  n. 468/1992, trasferimenti di quota tra
  aziende  ubicate in regioni e province autonome diverse, prevedendo
  le  relative  modalita'  di controllo, e stabiliva poi direttamente
  che  era  consentita  la stipulazione di contratti di affitto della
  parte  di  quota  non  utilizzata,  separatamente  all'azienda, con
  efficacia  limitata al periodo in corso, dandone comunicazione alle
  regioni  e  province  autonome  per  le relative verifiche, purche'
  concorressero  almeno  le  seguenti  condizioni:  a)  il  contratto
  intervenga  tra  produttori  in  attivita'  che  hanno  prodotto  e
  commercializzato  nel  corso  del  periodo almeno il 50% della loro
  quota;  b)  le  aziende agricole dei contraenti siano ubicate nella
  medesima  zona  omogenea  (di  montagna, svantaggiata, di pianura);
  risultavano comunque esclusi dal regime di cui sopra i contratti di
  soccida  e  di comodato di stalla, che non possono avere una durata
  inferiore ad un intero periodo (art. 1, comma 6);
        si  disponeva  che  i  termini per le compensazioni nazionali
  relative  ai  periodi di produzione lattiera 1997-1998 e 1998-1999,
  di  cui  all'art. 1, commi 7 e 10, del d.-l. n. 43/1999, convertito
  in  legge  n. 118/1999,  erano entrambi differiti al 30 aprile 2000
  (art. 1, comma 7);
        si  disponeva,  infine,  che,  per  quanto  non  abrogato dal
  decreto  stesso,  si  applicavano  le  disposizioni della legge n.
  468/1992  e  le  altre  disposizioni  in  materia e che, in caso di
  inadempimento  ai  compiti  ed  obblighi  spettanti  alle regioni e
  province  autonome  in  materia  di  quote latte, si applicavano le
  disposizioni dell'art. 5 del d.lgs. n. 112/1998 (art. 1, comma 8).

    In  esecuzione  dell'art.  1,  comma  3,  del decreto-legge sopra
  descritto, l'A.I.M.A ha poi diramato, tra la fine del mese di marzo
  ed   i   primi  del  mese  di  aprile  2000,  gli  elenchi  recanti
  l'attribuzione  dei  quantitativi  di  produzione  (dichiaratamente
  suscettibili  di  pur  eventuale  aggiornamento  entro il 30 giugno
  prossimo) in riferimento alla campagna in corso 2000-2001.
    Da  ultimo,  il d.-l. n. 8 sopradescritto e' stato convertito con
  modificazioni  in  legge  7  aprile 2000, n. 79, che, cosi' come il
  decreto  convertito,  contiene disposizioni gravemente lesive delle
  prerogative costituzionalmente garantite alle regioni.
    La  legge impugnata con il presente ricorso, nella sua interezza,
  e   con   riguardo   alle  modifiche  apportate  alle  disposizioni
  convertite  analiticamente  indicate - il cui contenuto verra' piu'
  oltre dettagliatamente esposto -, e' costituzionalmente illegittima
  per i seguenti motivi:

                            D i r i t t o


    1. - La   legge   impugnata   reca   conversione  in  legge,  con
  modificazioni, del d.-l. n. 8 del 2000, gia', come detto, impugnato
  dalla regione ricorrente con ricorso pendente avanti codesta ecc.ma
  Corte costituzionale.
    Tutte  le  censure formulate nel menzionato ricorso nei confronti
  del   decreto-legge   e  delle  sue  singole  disposizioni  rimaste
  immodificate si trasferiscono, dunque, secondo i principi generali,
  sulla impugnata legge di conversione.
    Nondimeno,  tale legge da un lato conferma ed aggrava i vizi gia'
  rilevati   avverso   il   decreto-legge   convertito  e  dall'altro
  propriamente    arreca    ulteriori    vulnera   alle   prerogative
  costituzionalmente  riconosciute  alla  ricorrente, per i motivi di
  seguito esposti.

    2. - Quanto  alla  legge  nella  sua  interezza, violazione degli
  artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117, 118 e 119 Cost., anche in riferimento
  al  principio  di  leale  collaborazione  tra  Stato  e  regioni  e
  all'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997.
    Il legislatore nazionale ha riconosciuto e garantito il principio
  di  leale  collaborazione  tra Stato e regioni con riferimento alla
  elaborazione  delle  linee  guida  in tema di agricoltura; infatti,
  l'art. 2  del  d.lgs  n. 143  del  1997, nel conferire alle regioni
  tutte  le  funzioni  amministrative  nella  materia  della quale si
  discute  -  in  relazione  alla  quale materia, la competenza delle
  regioni  e' stata chiaramente affermata da codesta ecc.ma Corte per
  mezzo della gia' citata sentenza n. 398 del 1998 -, prescrive che i
  compiti  di  elaborazione  e  coordinamento delle linee di politica
  agricola  in  coerenza  con  la politica comunitaria debbano essere
  esercitati dal Ministero per le politiche gricole (istituito con il
  medesimo decreto legislativo) d'intesa con la conferenza permanente
  per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome.
    In   materia  di  produzione  normativa,  il  suddetto  principio
  costituzionale di leale collaborazione tra Stato e regioni e' stato
  poi  affermato  dal  d.lgs.  n. 281  del  1997,  che  disciplina le
  attribuzioni della conferenza permanente nelle materie di interesse
  regionale,  prevedendo,  accanto  a  forme  di  collaborazione meno
  "intense"  quali la mera consultazione, l'intesa, che si perfeziona
  con  l'assenso  del Governo e di tutti i presidenti delle regioni e
  province autonome (cfr. art. 3 del decreto legislativo citato).
    E'  indubbio, infatti - come ha statuito di recente anche codesta
  ecc.ma  Corte  -,  che  il  settore  lattierocaseario rientra nelle
  materie   di   competenza   regionale,   e   che,  necessitando  la
  regolamentazione   del  sistema  delle  quote  latte  di  indirizzi
  generali  ed  uniformi  - nonche' conformi ai principi comunitari -
  dettati  per  tutto  il territorio nazionale, il principio di leale
  collaborazione  impone  il  raccordo tra Stato e regioni quantomeno
  nelle   forme   dell'intesa,   cosi'   da  assicurare  la  maggiore
  partecipazione  possibile  di queste ultime nell'elaborazione delle
  stesse linee-guida.
    La   necessaria   acquisizione   dell'intesa   della   conferenza
  permanente ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 281 del 1997 e' stata
  poi  affermata  da  codesta ecc.ma Corte per mezzo della piu' volte
  citata  sentenza  n. 398,  a norma della quale l'intesa puo' essere
  sostituita  dalla mera consultazione, di cui all'art. 2 del decreto
  legislativo da ultimo citato, solo nel caso in cui non si tratti di
  elaborare  linee  generali  di politica agricola, ma di adempiere a
  precise prescrizioni comunitarie (trattavasi, nella fattispecie, di
  conformare il sistema di compensazione interno a quello prefigurato
  a   livello  comunitario  in  seguito  ad  esplicito  richiamo  per
  infrazione inoltrato dagli organi comunitari).
    Viceversa, il d.-l. n. 8 del 2000, ora convertito dalla legge qui
  impugnata,  pur  costituendo  senza  ombra  di dubbio provvedimento
  generale  di  politica  agricola,  e'  stato  adottato, non solo in
  assenza  di preventiva intesa, ma altresi' in assenza di preventiva
  consultazione delle regioni.
    La   conferenza   permanente  Stato-regioni  e'  stata,  infatti,
  convocata solo in data 10 febbraio 2000 con esclusivo riguardo alla
  fase   di  conversione  del  decreto-legge  citato  ai  fini  della
  emissione  di  un parere successivo, ex art. 2, comma 5, del d.lgs.
  n. 281 del 1997.
    Come  e' noto, tale disposizione consente, in presenza di ragioni
  d'urgenza  (nella  specie,  come  compiutamente rilevato in sede di
  impugnazione    del    d.-l.   n. 8   del   2000,   insussistenti),
  l'acquisizione  di  un  parere successivo da parte della conferenza
  permanente,  che  dovrebbe  poi  essere tenuto in considerazione in
  sede   di   esame  parlamentare  delle  leggi  di  conversione  dei
  decreti-legge.
    Viceversa,  in nessuna parte della legge di conversione impugnata
  si  da'  atto  dell'acquisizione  del  parere e della effettiva sua
  considerazione in sede appunto di esame parlamentare della legge di
  conversione stessa.
    In  altri  termini,  la  legge  impugnata,  non solo non e' stata
  preceduta dalla prescritta intesa con le regioni, ma neppure da una
  adeguata considerazione del parere successivo (comunque gia' di per
  se'  insufficiente  a  garantire  il rispetto del piu' volte citato
  principio  di  leale  collaborazione  tra  Stato  e regioni e delle
  prerogative  costituzionalmente  garantite  a  queste  ultime dagli
  artt.  5,  115,  117 e 118 Cost., anche per come attuati dai d.lgs.
  n. 281  del  1997  e  n. 143  del  1997)  reso  dai  rappresentanti
  regionali, e cio' tanto in sede di adozione del decreto-legge tanto
  in sede di sua conversione in legge.
    Cosi'  facendo,  il Governo ha dunque aggirato il disposto (oltre
  che   dello  stesso  art.  2,  comma  5,  del  decreto  legislativo
  richiamato,  in  ragione  della  assoluta  insussistenza di ragioni
  d'urgenza  che  potessero giustificare il ricorso a tale meccanismo
  di  consultazione  straordinario) di cui al citato art. 2, comma 1,
  d.lgs.   n. 143  del  1997,  che  prescrive  il  raggiungimento  di
  un'intesa,  per  di  piu'  necessariamente  preventiva  tra Stato e
  regioni nella materia per cui e' causa.
    Le regioni non sono state quindi attivamente coinvolte a priori e
  nelle  forme  adeguate nel procedimento di elaborazione della nuova
  disciplina,  come  richiederebbero  i principi costituzionali prima
  ancora  che  le disposizioni di legge vigenti, in quanto il Governo
  si  e' preoccupato di sollecitare l'intervento regionale solo in un
  momento successivo e solo a livello di consultazione.
    Tutto cio' e' particolarmente grave in una materia in riferimento
  alla  quale,  come  gia' piu' volte rilevato, lo stesso legislatore
  nazionale   ha   avvertito  la  necessita'  di  instaurare  intensi
  mecanismi collaborativi tra Stato e regioni.

    3. - Quanto alle modifiche apportate all'art. 1, commi 1 e 1-bis,
  violazione degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117 e 118 Cost.
    All'art. 1,  comma  1,  quanto alla ripartizione interna ad opera
  delle  regioni  tra i produttori operanti nel rispettivo territorio
  del   quantitativo   assegnato  a  livello  nazionale  dalla  UE  e
  distribuito  tra  le regioni nella misura determinata dall'allegato
  al  d.-l.  n. 8,  la  legge  di  conversione  impugnata precisa che
  l'assegnazione  ad  opera  delle regioni deve avvenire a favore dei
  produttori  operanti  nel  rispettivo  territorio  che  siano  gia'
  titolari di quota.
    Senonche',  sempre  all'art. 1,  comma  1,  con  riferimento alla
  riserva pari al 20% del quantitativo piu' volte citato a favore dei
  giovani  agricoltori  richiedenti, si precisa che deve trattarsi di
  giovani  agricoltori ai sensi della legge n. 441 del 1998, iscritti
  nella apposita gestione previdenziale, anche non titolari di quota,
  e  al comma 1-bis, introdotto dalla legge di conversione impugnata,
  si  attribuisce  alle  regioni e alle province autonome di Trento e
  Bolzano  la  facolta'  di  assegnare quantitativi di riferimento ad
  universita'  degli  studi,  istituti di istruzione, enti pubblici e
  privati  di  ricerca  e  sperimentazione, istituti di pena, nonche'
  istituzioni pubbliche di enti o organizzazioni private riconosciute
  che  operano  nell'ambito  del  recupero  delle tossicodipendenze o
  della  riabilitazione  e dell'inserimento dei portatori di handicap
  mediante la conduzione di appropriate strutture produttive.
    Tra  le  esposte  modificazioni  e  integrazioni introdotte dalla
  legge  impugnata sussiste una evidente contraddittorieta'; se da un
  lato,  infatti, viene precisato che l'assegnazione del quantitativo
  riconosciuto  a  livello  nazionale dalla UE e poi ripartito tra le
  regioni  dallo  stesso  d.-l.  n. 8 puo' avvenire solo a favore dei
  produttori  titolari di quota, dall'altro si prevede che la riserva
  pari  al  20%  del  quantitativo  de  quo  deve essere assegnata ai
  giovani produttori anche non titolari di quota e la possibilita' di
  assegnare   quantitativi   ad   enti   ed   istituzioni  del  tutto
  probabilmente mai risultati assegnatari di quota latte.
    Quanto  esposto  costituisce una evidente violazione dell'art. 97
  Cost., in ragione della contraddittorieta' interna delle illustrate
  disposizioni,  e  dell'art. 3 Cost., in quanto esse discriminano, o
  meglio  favoriscono  alcune  categorie  a  scapito  di  altre,  che
  altrettanto potrebbero essere ritenute degne di aiuto in termini di
  prima assegnazione.
    La  regione  ricorrente  comunque, cosi' come in riferimento alle
  analoghe  censure  sollevate  con  riguardo  alle  altre  modifiche
  introdotte  dalla  legge impugnata, non lamenta ex se la violazione
  degli  artt.  3  e  97  menzionati, ma la connessa violazione degli
  artt. 5,  11,  115,  117 e 118 Cost., in quanto l'individuazione di
  categorie  meritevoli  di  aiuto nei termini di cui sopra dovrebbe,
  conformemente  a  quanto  anche  disposto  in termini piu' generali
  dalla   normativa   comunitaria   in   ordine  alla  necessita'  di
  decentralizzazione  del  sistema  e  di  individuazione  di livelli
  territoriali  appropriati  -  della  quale  si  dira' piu' oltre -,
  essere  valutata  alla  luce  delle  esigenze  produttive  e  della
  conformazione strutturale delle aziende regionali.
    Attese  le  competenze  regionali  in  materia e la stessa natura
  delle  disposizioni in esame, che presuppongono l'individuazione di
  categorie  svantaggiate - in tutta evidenza diverse a seconda delle
  caratteristiche  della  zona  di  appartenenza  -, l'individuazione
  delle categorie delle quali di discute avrebbe dovuto essere dunque
  rimessa  senza  dubbio  alle  regioni, in quanto, appunto, non solo
  indubbiamente  competenti  in  materia,  ma  anche  in  quanto enti
  territoriali,  unici,  nell'ambito del proprio territorio, in grado
  di  valutare  i  bisogni  della  popolazione e della produzione nel
  particolare settore per cui e' causa.

    3. - Quanto  alle  modifiche  apportate  all'art. 1, commi 2 e 6,
  violazione  e falsa applicazione degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117
  e 118 Cost.
    In   sostituzione   dell'originaria   formulazione  del  comma  2
  dell'art. 1, la legge di conversione impugnata con il presente atto
  prevede  che  le  regioni  e  le  province  autonome di Trento e di
  Bolzano  debbano  assicurare che le quote assegnate in applicazione
  dello  stesso  art. 1,  nonche' quelle di cui all'art. 1, comma 21,
  del  d.-l.  n. 43 del 1999, convertito, con modificazioni, in legge
  n. 118  del  1999,  non  vengano  in  tutto  o  in  parte  vendute,
  affittate, date in comodato o costituiscano oggetto di contratti di
  soccida  separatamente  dall'azienda  e  che qualora il produttore,
  beneficiano  delle  assegnazioni  di  cui al presente comma, venda,
  affitti,  conceda  in  comodato  o  faccia  oggetto di contratti di
  soccida,  separatamente  dall'azienda,  tutte o pade delle quote ad
  esso  assegnate  confluiscono  nella  riserva  nazionale per essere
  poste,  al  fine  di  rendere  possibili  nuove assegnazioni, nella
  disponibilita'   delle   regioni  e  delle  province  autonome  cui
  affenivano.
    Al  comma 6 dello stesso art. 1, quanto alla possibilita' in capo
  ai  produttori, prevista direttamente dalla stessa disposizione, di
  stipulare contratti di affitto della parte di quota non utilizzata,
  separatamente  dall'azienda,  con  efficacia limitata al periodo in
  corso,  viene  introdotta  una  ulteriore condizione, ovvero che, a
  padire  dal  periodo  2000-2001 la stipula del contratto intervenga
  anteriormente  al  31  gennaio di ogni anno e la comunicazione agli
  organi  regionali  o  della  provincia  autonoma  di  controllo sia
  effettuata  entro  il  15  febbraio  successivo, nonche' che l'atto
  attestante il trasferimento di quota debba essere convalidato dalla
  regione o dalla provincia autonoma del produttore che acquisisce il
  quantitativo  in  questione,  entro  quindici giorni dalla predetta
  comunicazione  e  che  e'  fatto  obbligo  alle parti contraenti di
  trasmettere   detto  documento  ai  rispettivi  acquirenti  che  si
  avvalgono   dello   stesso   ai   fini  del  calcolo  del  prelievo
  supplementare.
    Quanto  alla modificazione apportata al comma 2, essa costituisce
  una  indebita  compressione delle prerogative regionali, in quanto,
  in luogo della possibilita' prima riconosciuta in capo alle regioni
  di  inibire  l'affitto o comunque il trasferimento dei quantitativi
  assegnati   in   forza   del   d.-l  n. 8  medesimo,  ora  inibisce
  direttamente  i  trasferimenti  de  quibus prevedendo, in ulteriore
  violazione  delle  stesse prerogative regionali e delle sentenza di
  codesta  ecc.ma  Corte  n. 398  del  1998  (nella  parte  in cui ha
  dichiarato  l'illegittimita' dei commi 4, 5 e 5-bis dell'art. 3 del
  d.-l.  n. 552  del 1996, convertito in legge n. 642 del 1996, nella
  parte  in  cui  attribuivano  all'A.I.M.A.  e  non  alle regioni il
  compito  di  provvedere  alla riassegnazione, in ambito regionale e
  provinciale,  delle  quote latte abbandonate e l'individuazione dei
  criteri  di riassegnazione, e prevedevano inoltre la riassegnazione
  su  base  nazionale),  che  il  quantitativo indebitamente ceduto o
  affittato   confluisce  nella  riserva  nazionale  per  essere  poi
  riassegnato a favore della regione cui originariamente afferiva.
    E'  evidente come tale passaggio si presti ad abusi e concretizzi
  un  inutile  appesantimento  del  sistema: sarebbe stato certo piu'
  semplice   ed   equo,   oltre   che  rispondente  alle  prerogative
  costituzionalmente  riconosciute  alle  regioni,  cosi'  come anche
  affermate  da  codesta  ecc.ma  Corte  per mezzo della sopra citata
  sentenza  n. 398,  prevedere un sistema regionale di riassegnazione
  dei   quantitativi   non  utilizzati  od  indebitamente  utilizzati
  nell'ambito territoriale di appartenenza.
    E'  dunque  evidente sotto i profili sopra esposti la violazione,
  oltre  che degli artt. 11 e 97 Cost., per contrasto con l'affermato
  principio   comunitario   di  decentralizzazione  ed  il  principio
  costituzionale  di  buon  andamento, degli artt. 5, 115, 117 e 118,
  per essere state le regioni, ancora una volta, relegate ad un ruolo
  meramente  esecutivo e spogliate di qualsivoglia potere decisionale
  e gestionale.
    Con   piu'   particolare  riferimento  alla  eccepita  violazione
  dell'art. 11  della  Costituzione  per  contrasto  con il principio
  comunitario  di  decentralizzazione,  va  ricordato  che, come gia'
  esposto  in fatto, il regolamento CE n. 1256/1999 del Consiglio del
  17  maggio  1999  stabilisce che le disposizioni comunitarie devono
  essere  attuate  "al  livello territoriale appropriato o in zone di
  raccolta"  al  fine  di  "rafforzare la possibilita' di gestione in
  materia   decentrata,   ristrutturare   la  produzione  lattiera  e
  migliorare   l'ambiente"   (cfr.   reg.   CE  n. 1256/1999,  quinto
  considerando e punto e) dell'art. 9). Viceversa, come compiutamente
  esposto  in  riferimento ai commi citati in epigrafe e ai commi 1 e
  1-bis  e  come  si  dimostrera' nel prosieguo del presente atto con
  riguardo  alle  altre modifiche apportate dalla legge impugnata, le
  disposizioni  comunitarie  sono  state  dal  legislatore  nazionale
  attuate   estromettendo  radicalmente  le  regioni  e  le  province
  autonome  sia  in  sede di produzione normativa che di espletamento
  delle  funzioni  amministrative - e dunque dei poteri di gestione e
  di  controllo  - cosi' disciplinate con riguardo al settore per cui
  e' causa.
    Con  riguardo alle modifiche apportate all'art. 2, e ad ulteriore
  specificazione della eccepita violazione dell'art. 11 Cost., va poi
  rilevato  che il citato regolamento (CE) n. 1265/1999 del Consiglio
  del   17   maggio  1999,  pur  prevedendo  la  possibilita'  che  i
  quantitativi   trasferiti   o   ceduti  -  comunque  con  esclusivo
  riferimento   all'ipotesi   di   trasferimento   di   quota   senza
  corrispondente  trasferimento  di  terra  mediante affitti rurali -
  confluiscano  alla riserva nazionale, chiarisce che tale confluenza
  puo'  essere  stabilita  solo  in base a criteri obiettivi; criteri
  nella specie assolutamente non esplicitati.
    Quanto alla modifica apportata al comma 6, l'ulteriore condizione
  posta  direttamente  con  riguardo  alla  possibilita'  di  attuare
  trasferimenti  di  sola quota comprime ulteriormente le prerogative
  regionali,  la  cui violazione e' stata gia' compiutamente rilevata
  con  riferimento  all'originaria formulazione del decreto-legge; la
  piu'  dettagliata disciplina e gli ulteriori adempimenti introdotti
  quali   condizioni  dei  trasferimenti  de  quibus  relegano  cosi'
  ulteriormente  le  regioni  ad  un  ruolo  meramente esecutivo e di
  controllo  in  ordine  a competenze che dovrebbero integralmente (e
  non  solo formalmente) essere loro attribuite, in aperta violazione
  degli  artt. 5, 115, 117 e 118 Cost., oltre che dell'art. 97 Cost.,
  in  quanto tale limitazione si inscrive in un contesto che vorrebbe
  operare,  o  quantomeno  mostrare,  l'effettiva "regionalizzazione"
  della materia, e dell'art. 11 Cost., in ragione della cosi' operata
  violazione  dei  gia' esplicitati principi comunitari in materia di
  decentralizzazione.
    Va  poi  rilevata l'evidente contraddizione, gia' evidenziata nel
  ricorso  proposto avverso il d.-l. n. 8 del 2000 con riferimento ai
  commi  1,  2  e  6,  insita  nell'avere,  da  un  lato,  vietato  i
  trasferimenti   delle   quote   assegnate   in  forza  del  maggior
  quantitativo riconosciuto a livello nazionale (e confermato a monte
  il  divieto di assegnazione di nuove quote ai soggetti che avessero
  nei  tre anni precedenti stipulato contratti di trasferimento delle
  quote  gia'  possedute  -  sul  quale  divieto gia' si e' detto nel
  ricorso proposto avverso il d.-l. n. 8) e, dall'altro, incentivato,
  seppure  in  presenza  di  tassative e dettagliate condizioni poste
  direttamente  a  livello di normativa nazionale, i trasferimenti di
  sola  quota  ed  i  trasferimenti  interregionali di cui alla prima
  parte del comma 6 (sui quali gia' parimenti si e' detto nel ricorso
  proposto avverso il d.-l. n. 8).
    Tale  contraddittorieta'  nella nuova formulazione del comma 2 si
  aggrava,  in  quanto  in  sede  di  assegnazione  di nuove quote le
  limitazioni  si  moltiplicano  ingiustificatamente;  non  solo  non
  potranno  essere,  infatti, assegnate nuove quote ai produttori che
  abbiano   in   passato  venduto,  affittato  o  comunque  ceduto  i
  quantitativi  di  appartenenza, ma neppure i quantitativi assegnati
  potranno  essere  trasferiti  per scelta diretta e non mediabile da
  parte  del  legislatore.  Tutto cio' in violazione, oltre che degli
  artt. 3  e  97, degli artt. 5, 115, 117 e 118 Cost., per l'indebita
  compressione cosi' operata delle prerogative regionali in materia.
    4. - Quanto alle modifiche apportate agli artt. 3 e 5, violazione
  e falsa applicazione degli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 Cost.
    Al  comma 3 dell'art. 1, la legge di conversione impugnata con il
  presente  ricorso,  quanto  alla  diramazione  dei  dati  derivanti
  dall'aggiornamento  ad  opera delle regioni e province autonome dei
  quantitativi di riferimento per la campagna 2000-2001, introduce la
  precisazione  che  le regioni e le province autonome stesse devono,
  appunto,   provvedere   all'eventuale  aggiornamento  dei  suddetti
  quantitativi  individuali  dandone comunicazione, in duplice copia,
  di cui una recante la dicitura "per l'acquirente", agli interessati
  e,  tramite  il  sistema  informativo,  all'organismo  nazionale di
  intervento   per   il   mercato  agricolo  e  che  la  copia  della
  comunicazione  sottoscritta  recante la dicitura "per l'acquirente"
  deve  essere  consegnata  al  produttore dell'acquirente medesimo e
  costituisce  il  titolo  per  l'applicazione delle disposizioni sul
  prelievo  supplementare  e  che,  infine,  le regioni e le province
  autonome  devono  fornire copia delle predette comunicazioni, anche
  su  supporto  magnetico, agli acquirenti, alle loro organizzazioni,
  nonche'  alle  associazioni  di  produttori  di  latte ai sensi del
  regolamento (CE) n. 952/1997 del Consiglio del 20 maggio 1997.
    Al successivo comma 5 la legge di conversione introduce invece la
  precisazione  che  la  riscossione coattiva mediante ruolo da parte
  delle  regioni  e  province  autonome del prelievo non versato deve
  essere  effettuata  previa  intimazione  e  dopo  avere  verificato
  l'effettiva    mancata    trattenuta    del    prelievo   da   pade
  dell'acquirente, ovvero la natura non fittizia della stessa.
    Entrambe   le   modifiche   illustrate   risultano  ulteriormente
  violative   delle   prerogative   regionali   in  materia  rispetto
  all'originaria   formulazione   delle   disposizioni,   in   quanto
  specificano  e  dunque  complicano,  in assenza di trasferimento di
  risorse,  le  incombenze  assegnate  alle regioni in relazione alla
  diramazione  dei dati quantitativi relativi alla campagna 2000-2001
  e alla riscossione del prelievo supplementare.
    Basti in questa sede ricordare che le regioni si vedono costrette
  ad  un  pur  eventuale  aggiornamento di dati produttivi rilevati a
  livello  centrale in assenza di adeguato trasferimento di risorse e
  si  vedono  altresi',  in  ragione delle modifiche introdotte dalla
  legge  di  conversione,  gravate  da  un  complesso procedimento di
  comunicazione,  che  vede  addirittura  tre  destinatari,  ovvero i
  produttori,  l'organismo  di  intervento nel mercato agricolo e gli
  acquirenti.
    L'indebito  relegamento  delle  regioni  ad  un  ruolo  meramente
  esecutivo, gia' compiutamente rilevato nel ricorso proposto avverso
  il  d.-l.  n. 8,  e'  dunque aggravato dalle minuziose disposizioni
  procedurali di derivazione statale, che, tanto con riferimento alla
  diramazione  dei  dati afferenti alla campagna 2000-2001, quanto al
  procedimento   di   riscossione  del  prelievo  mediante  ruolo  ad
  iniziativa   delle  regioni,  inibiscono  alle  regioni  stesse  di
  organizzare  le  proprie  competenze,  i propri uffici e le proprie
  risorse  in  autonomia.  Tutto  cio'  in  aperta  violazione  degli
  artt. 5, 115, 117, 118 e 119.

    5. - Quanto  alle  modifiche  apportate  all'art. 1, comma 3-bis,
  violazione degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117 e 118.
    La  legge impugnata con il presente ricorso ha introdotto in sede
  di conversione del d.-l. n. 8 del 2000 all'art. 1 il comma 3-bis, a
  norma  del  quale  le  regioni  e  le province autonome di Trento e
  Bolzano  devono  provvedere ad adeguare il quantitativo individuale
  di  riferimento alla produzione effettivamente commercializzata nel
  caso  in  cui,  nel  corso  dell'ultimo  periodo di dodici mesi, il
  medesimo quantitativo non sia stato utilizzato per almeno il 70 per
  cento.  Sono  fatti  salvi  i  casi  di  forza  maggiore  e  quelli
  debitamente  certificati che colpiscono la capacita' produttiva dei
  produttori  in  questione,  a  condizione che siano comunicati alle
  competenti  regioni e province autonome entro il 31 ottobre di ogni
  anno.
    Il sopradescritto comma 3-bis stabilisce, inoltre, - similmente a
  quanto   stabilito   al   comma   2  con  riguardo  all'ipotesi  di
  trasferimento dei quantitativi assegnati in forza dello stesso art.
  1 del decreto-legge in questione e dell'art. 1, comma 21, del d.-l.
  n. 43  del  1999,  convertito con modificazioni in legge n. 118 del
  1999  -  che i quantitativi di riferimento inutilizzati affluiscono
  alla riserva nazionale e sono riattribuiti alla regione o provincia
  autonoma   cui   afferiscono,   la   quale   deve  provvedere  alla
  riassegnazione, entro il 31 marzo dell'anno successivo.
    Non  si nega a questo proposito che l'ipotesi di perdita di quota
  connessa  al mancato utilizzo della stessa della misura del 70% per
  il  periodo  indicato  di  dodici  mesi  sia  prevista dallo stesso
  regolamento  (CE) n. 1256/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999, ma
  va  precisato la stessa fonte comunitaria rimette agli Stati membri
  la  disciplina  della  fattispecie,  in  particolare  se  e a quali
  condizioni  tutto  o  parte  del  quantitativo non utilizzato debba
  confluire  nella  riserva nazionale (salvi i casi di forza maggiore
  ed  i  casi  debitamente  giustificati  che colpiscono la capacita'
  produttiva)  e  a  quali  condizioni un quantitativo di riferimento
  possa essere riassegnato ai produttori interessati.
    Viceversa,  con  l'introduzione  del  menzionato  comma 3-bis, il
  legislatore,  in  violazione,  oltre  che degli artt. 3 e 97 Cost.,
  dell'art.   11   Cost.,  connette  alla  mancata  produzione  della
  percentuale  indicata  del  quantitativo di produzione l'automatica
  confluenza dell'intero quantitativo nella riserva nazionale; orbene
  la  scelta  operata a fronte delle conseguenze che alla stessa sono
  connesse  -  ovvero  la  perdita  dell'intera  quota in caso di sua
  mancata  utilizzazione  limitata  al  70% della medesima - non pare
  affatto  supportata  da  adeguata  considerazione  e, piu' a monte,
  avrebbe   dovuto   essere  rimessa  al  livello  territoriale  piu'
  appropriato,  ovvero  a  livello regionale, per potere essere cosi'
  determinata   alla  luce  delle  specifiche  condizioni  produttive
  locali.
    Inoltre,  il  termine  del  31  ottobre entro il quale dovrebbero
  essere  necessariamente  comunicati  alle  regioni  i casi di forza
  maggiore   che  hanno  giustificatamente  impedito  la  produzione,
  residuando  da  tale  data  ancora  cinque  mesi  di produzione, e'
  chiaramente  penalizzante,  in violazione degli artt. 3 e 97 Cost.,
  in  quanto  potrebbero  a  tale  data  sopravvenire  cause di forza
  maggiore  tali  da inibire comunque la produzione nella percentuale
  segnalata.
    Con  riguardo,  poi,  alla  confluenza delle quote non utilizzate
  nella  riserva  nazionale  e alla successiva redistribuzione, vanno
  svolte  le  medesime  considerazioni  gia' rilevate con riguardo al
  comma 2.
    In riferimento alla disposizione in epigrafe va dunque ancora una
  volta  segnalata la violazione degli artt. 5, 115, 117 e 118 Cost.,
  oltre che degli artt. 3, 11 e 97 della Costituzione gia' segnalati,
  per  essere  state  le  regioni  totalmente  estromesse  dai poteri
  decisionali  e  gestionali che dovrebbero competere loro e relegate
  ad  un  ruolo  meramente  esecutivo  e  di  controllo  in un quadro
  normativo iniquo e viziato da irrazionalita' interna.

    6. - Quanto  alle modifiche apportate all'art. 1, commi 4, 5, 7 e
  8-ter, violazione degli artt. 5, 11, 97, 115, 117 e 118 Cost.
    La legge impugnata, in riferimento alle dichiarazioni di consegna
  degli  acquirenti,  ai  modelli  L1,  e  relativo  trattamento,  ha
  introdotto   al   comma  4  la  precisazione  secondo  la  quale  i
  quantitativi  di  latte  risultanti  dai  modelli L1 pervenuti dopo
  l'effettuazione  delle  operazioni  di compensazione nazionale sono
  assoggettati  a prelievo definitivo per l'intero ammontare a carico
  dell'acquirente   inadempiente,  ferme  le  sanzioni  previste  dal
  regolamento (CE) n. 1001/1998 della Commissione del 13 maggio 1998;
  al   comma   5   viene   invece  precisato  che  le  operazioni  di
  compensazione  devono  essere effettuate entro il 31 luglio di ogni
  anno  e  al  comma  7  si  stabilisce  che il prelievo dovuto per i
  periodi  1997-1998  e 1998-1999 deve essere versato dall'acquirente
  entro trenta giorni dal ricevimento della relativa comunicazione da
  pade dell'A.I.M.A. in liquidazione.
    L'introdotto  comma  8-ter  attribuisce,  infine,  all'A.I.M.A in
  liquidazione la competenza in ordine all'aggiornamento del tasso di
  tenore medio nazionale di grasso di riferimento nel latte, entro la
  data  del  30  giugno 2000 e stabilisce, poi, che il predetto tasso
  sara'  successivamente  aggiornato ogni due anni entro il 31 marzo,
  nel rispetto della normativa comunitaria.
    Quanto  alla  modifica relativa al caso dell'invio dei modelli L1
  successivamente  alla  data  di  effettuazione  delle operazioni di
  compensazione   e  alla  conseguente  integrale  sopportazione  del
  prelievo  cosi'  computato  in  capo  all'acquirente  inadempiente,
  sussistono  profili  di illegittimita' connessi con quanto disposto
  al  successivo  comma  5 in ordine alla data entro la quale debbono
  essere  effettuate  le  operazioni  di  cui  sopra, ovvero entro il
  31 luglio  di  ogni  anno,  in  quanto, con riguardo a quest'ultima
  disposizione,  non  si  comprende  se  tale  data  sia indicata con
  riferimento  alla  campagna in corso (ipotesi comunque improbabile,
  considerato  che le operazioni delle quali si discute presuppongono
  la   determinazione   dell'esubero   di   produzione  eventualmente
  concretatosi  con riguardo alla campagna di riferimento) o, come e'
  piu' probabile, a quella successiva; in questo caso, la data del 31
  luglio  parrebbe  comunque  incongrua,  in  violazione dell'art. 97
  Cost.,  nonche'  contraria  agli  stessi  principi  comunitari,  in
  violazione   dell'art.   11  Cost.,  in  quanto  determinerebbe  la
  determinazione  retroattiva del prelievo a quattro mesi di distanza
  dalla  chiusura  della  campagna. Tutto cio', in tutta evidenza, si
  ripercuote   in   termini  negativi  sulle  pur  minime  competenze
  esecutive  riconosciute alle regioni e sulla stessa possibilita' di
  gestione  del settore, in violazione dei piu' volte citati artt. 5,
  115, 117 e 118 Cost.
    Quanto  alla  modifica  apportata  al  comma  7  in  ordine  alla
  fissazione  del  termine di trenta giorni ai fini del pagamento del
  prelievo  supplementare  in  riferimento  ai  periodi  1997-1998  e
  1998-1999, tale disposizione, cosi' come modificata, nel richiamare
  le  competenze  di  diramazione  dei  dati  afferenti  il  prelievo
  supplementare  in  capo  all'A.I.M.A.  in  liquidazione, pare voler
  legittimare  alle  competenze  di cui sopra un organo, non solo non
  competente  con  riguardo  al riparto costituzionale, in violazione
  degli  artt. 5,  115,  117  e  118 della Costituzione nonche' della
  decisione  di  codesta  ecc.ma  Corte  n. 398 del 1998, ma altresi'
  ormai,  come  rilevato in fatto, in fase di liquidazione e, secondo
  la stessa legge di scioglimento, non piu' legittimato a compiere le
  operazioni de quibus.
    Parimenti  illegittimo  e'  il comma 8-ter introdotto dalla legge
  impugnata,  in  quanto,  in  evidente violazione degli artt. 5, 97,
  115,   117   e   118,   rimette   all'A.I.M.A  in  liquidazione  la
  determinazione,  valevole  per  ben  due  anni,  del  tenore  medio
  nazionale  di  grasso  dimenticando  che l'ente medesimo, in quanto
  soppresso,  non  e'  piu'  legittimato a stabilire alcunche', tanto
  meno in assenza di adeguato coinvolgimento delle regioni.

    7. - Quanto  alle  modifiche  apportate  all'art. 1, comma 7-bis,
  violazione degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117 e 118.
    La  legge  di conversione impugnata inserisce all'art. 1 il comma
  7-bis,  a norma del quale, fermo restando quanto previsto dall'art.
  1,   comma   6,   del   d.-l.   n. 43  del  1999,  convertito,  con
  modificazioni,  in  legge  n. 118 del 1999, l'esatta localizzazione
  delle  aziende  ubicate  in comuni parzialmente delimitati ai sensi
  della  direttiva n. 75/368/CEE, con effetto a decorrere dal periodo
  1998-1999,  non  opera ai fini dell'applicazione dell'art. 2, comma
  1,  del  d.-l.  n. 727  del 1994, convertito, con modificazioni, in
  legge n. 46 del 1995.
    A norma del richiamato art. 1, comma 6, del d.-l. n. 43 del 1999,
  convertito  in legge n. 118 del 1999 (disposizione specificatamente
  censurata   dalla   ricorrente   in   sede   di   impugnazione  del
  decreto-legge  citato),  le regioni e le province autonome, ai fini
  dell'applicazione  dei  criteri di priorita' fissati dal successivo
  comma 8 con riferimento alle operazioni di compensazione nazionale,
  avrebbero  dovuto  trasmettere all'A.I.M.A le informazioni relative
  all'esatta   localizzazione   delle   aziende   ubicate  in  comuni
  parzialmente  delimitati ai sensi della direttiva n. 75/368/CEE, ma
  con effetto a decorrere dal periodo 1998-1999.
    Ora,  l'indebita compromissione allora operata dalla disposizione
  menzionata, non solo a danno delle prerogative regionali in materia
  di  agricoltura,  ma  anche  di  controllo  sul  territorio (non si
  prevedeva  infatti  la localizzazione ad opera delle regioni, ma il
  mero  invio  di  informazioni ai fini della localizzazione da parte
  dell'A.I.M.A  e cio' comunque con effetto decorrente dalla campagna
  1998-1999), e' aggravata dalla disposizione citata in epigrafe, che
  addirittura  impedisce  che  le  localizzazioni  de  quibus possano
  rilevare ai fini di cui all'art. 2, comma 1, del d.-l. n. 727/1994,
  convertita  in legge n. 46/1995, ovvero ai fini del procedimento di
  riduzione  delle  quote,  onde  consentire,  diversamente, una piu'
  corretta  ripartizione della riduzione proporzionale. Tutto cio' in
  evidente  violazione, oltre che degli artt. 3, 11 e 97 Cost., degli
  arttt. 5, 115, 117 e 118 Cost.

    8. - Quanto  alle  modifiche apportate al comma 8-bis, violazione
  degli  artt. 3,  5,  97,  115,  117  e 118, anche in riferimento al
  principio  di leale collaborazione tra Stato e regione e all'art. 2
  del d.lgs. n. 143 del 1997.
    La  legge  di conversione impugnata ha infine aggiunto all'art. 1
  il  comma  8-bis,  a  norma  del  quale  il  quantitativo  di latte
  attribuito ai sensi del regolamento (CE) n. 1256/1999 del Consiglio
  del  17  maggio  1999, con decorrenza dal 1o aprile 2001, affluisce
  alla  riserva  nazionale  ed e' ripartito tra le regioni e province
  autonome  sulla  base di criteri stabiliti con decreto del Ministro
  per  le  politiche  agricole  e  forestali.  Lo  schema di decreto,
  sentita  la  conferenza  permanente per i rapporti tra lo Stato, le
  regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e' trasmesso
  al   Parlamento   per  l'espressione  del  parere  da  parte  delle
  competenti commissioni parlamentari.
    A  norma  della  medesima disposizione, sono poi stabiliti con le
  medesime  modalita'  i criteri per la ripartizione tra le regioni e
  province  autonome  dei  quantitativi  che affluiscono alla riserva
  nazionale  a seguito di revoche, rinunce ed abbandoni effettuati ai
  sensi della normativa nazionale e comunitaria vigente o per effetto
  di ulteriori aumenti comunitari del quantitativo globale nazionale.
    La disposizione citata prevede dunque la mera consultazione della
  conferenza  permanente in sede di adozione del decreto ministeriale
  che  dovrebbe  non  solo stabilire i criteri di ripartizione tra le
  regioni  del  quantitativo  che  a  decorrere  dal  2001  la  UE ha
  riconosciuto   a   livello   nazionale,   ma  anche  i  criteri  di
  ridistribuzione delle quote revocate o cedute (che dovrebbero, come
  gia'  rilevato  in  riferimento al comma 2 e al comma 7-bis, essere
  ridistribuite a livello regionale).
    La   violazione   delle  disposizioni  costituzionali  citate  in
  epigrafe  e'  dunque  evidente;  ancora una volta viene aggirato il
  disposto  dell'art. 2  del  d.lgs.  n. 143  del 1997 in spregio del
  principio  costituzionale  di  leale  collaborazione  tra  Stato  e
  regioni, riaffermato con fermezza in riferimento al settore per cui
  e'  causa  da  codesta ecc.ma Corte con sentenza n. 398 del 1998, e
  degli artt. 5, 115, 117 e 118.
    Cio'  e'  tanto  piu'  grave  se  si considera che verrebbe cosi'
  lasciata alla discrezionalita' ministeriale, con l'unico filtro del
  parere delle competenti commissioni parlamentari, la determinazione
  dei  criteri  che  dovrebbero portare alla equa redistribuzione del
  quantitativo  riconosciuto dalla UE alle regioni e dei quantitativi
  revocati  o  ceduti,  cosi',  da  un  lato  non  assicurando l'equa
  ripartizione  del  nuovo  quantitativo  alla  luce della produzione
  regionale,  e, dall'altro, parimenti non assicurando la riaffluenza
  delle quote "dismesse" nel bacino regionale di appartenenza.