Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente della giunta regionale e legale rappresentante pro-tempore, on. dott. Giancarlo Galan, rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto, dagli avv.ti proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani e dall'avv. Romano Morra, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, lungotevere delle Navi n. 30; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 7 aprile 2000, n. 79, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 82 del 7 aprile 2000, avente ad oggetto "Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 4 febbraio 2000, n. 8, recante disposizioni urgenti per la ripartizione dell'aumento comunitario del quantitativo globale di latte e per la regolazione provvisoria del settore lattiero-caseario" nella sua interezza ed in particolare nella parte in cui modifica e/o introduce le seguenti disposizioni; quanto all'art. 1, comma 1, in quanto, con riferimento alla ripartizione interna ad opera delle regioni del quantitativo assegnato dalla UE a livello nazionale, si dispone che l'assegnazione deve avvenire a favore dei produttori operanti nel rispettivo territorio che siano titolari di quota e ancora, con riferimento alla riserva pari al 20% del quantitativo piu' volte citato a favore dei giovani agricoltori richiedenti, si precisa che deve trattarsi di giovani agricoltori ai sensi di cui alla legge 15 dicembre 1998, n. 441, iscritti nella apposita gestione previdenziale, anche non titolari di quota; quanto all'art. 1, comma 1-bis, in quanto dispone che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono assegnare quantitativi di riferimento ad universita' degli studi, istituti di istruzione, enti pubblici e privati di ricerca e sperimentazione, istituti di pena, nonche' istituzioni pubbliche di enti o organizzazioni private riconosciute che operano nell'ambito del recupero delle tossicodipendenze o della riabilitazione e dell'inserimento dei portatori di handicap mediante la conduzione di appropriate strutture produttive; quanto all'art. 1, comma 2, in quanto prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono assicurare che le quote assegnate in applicazione dello stesso articolo, nonche' quelle di cui all'art. 1, comma 21, del d.-l. n. 43 del 1999, convertito, con modificazioni, in legge n. 118 del 1999, non vengano in tutto o in parte vendute, affittate, date in comodato o costituiscano oggetto di contratti di soccida separatamente dall'azienda e che, qualora il produttore beneficiario delle assegnazioni venda, affitti, conceda in comodato o faccia oggetto di contratti di soccida, separatamente dall'azienda, tutte o parte delle quote ad esso assegnate confluiscono nella riserva nazionale per essere poste, al fine di rendere possibili nuove assegnazioni, nella disponibilita' delle regioni e delle province autonome cui afferivano; quanto all'art. 1, comma 3, in quanto, con riferimento all'eventuale aggiornamento ad opera delle regioni e province autonome dei quantitativi di riferimento per la campagna 2000-2001, gia' aggiornati secondo le prescrizioni della prima parte del comma 1 e diramati dall'organismo nazionale di intervento nel mercato agricolo a fine marzo 2000, viene introdotta la precisazione che le regioni e le province autonome stesse provvedono a dare comunicazione dei dati cosi' aggiornati entro il 30 giugno 2000, in duplice copia, di cui una recante la dicitura "per l'acquirente" agli interessati e, tramite il sistema informativo, all'organismo nazionale di intervento per il mercato agricolo e che la copia della comunicazione sottoscritta recante la dicitura "per l'acquirente" e' consegnata al produttore dell'acquirente medesimo e costituisce il titolo per l'applicazione delle disposizioni sul prelievo supplementare, ed infine che le regioni e le province autonome forniscono copia delle predette comunicazioni, anche su supporto magnetico, agli acquirenti, alle loro organizzazioni, nonche' alle associazioni di produttori di latte ai sensi del regolamento (CE) n. 952/1997 del Consiglio del 20 maggio 1997; quanto all'art. 1, comma 3-bis, in quanto dispone che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono ad adeguare il quantitativo individuale di riferimento alla produzione effettivamente commercializzata nel caso in cui, nel corso dell'ultimo periodo di dodici mesi, il medesimo quantitativo non sia stato utilizzato per almeno il 70 per cento e che sono fatti salvi i casi di forza maggiore e quelli debitamente certificati che colpiscono la capacita' produttiva dei produttori in questione, a condizione che siano comunicati alle competenti regioni e province autonome entro il 31 ottobre di ogni anno, ed infine che i quantitativi di riferimento inutilizzati affluiscono alla riserva nazionale e sono riattribuiti alla regione o provincia autonoma cui afferiscono, la quale provvede alla riassegnazione, entro il 31 marzo dell'anno successivo; quanto all'art. 1, comma 4, nella parte in cui, in riferimento alle dichiarazioni di consegna degli acquirenti, ai modelli L1, e relativo trattamento, viene introdotta la precisazione secondo la quale i quantitativi di latte risultanti dai modelli L1 pervenuti dopo l'effettuazione delle operazioni di compensazione nazionale sono assoggettati a prelievo definitivo per l'intero ammontare a carico dell'acquirente inadempiente, ferme le sanzioni previste dal Regolamento (CE) n. 1001/1998 della Commissione del 13 maggio 1998; quanto all'art. 1, comma 5, nella parte in cui dispone che le operazioni di compensazione devono essere effettuate entro il 31 luglio di ogni anno e che la riscossione coattiva mediante ruolo da parte delle regioni, e province autonome del prelievo non versato deve essere effettuata previa intimazione e dopo avere verificato l'effettiva mancata trattenuta del prelievo da parte dell'acquirente, ovvero la natura non fittizia della stessa; quanto all'art. 1, comma 6, nella parte in cui, con riguardo alla possibilita' in capo ai produttori, prevista direttamente dalla stessa disposizione, di stipulare contratti di affitto della parte di quota non utilizzata, separatamente dall'azienda, con efficacia limitata al periodo in corso, introduce la seguente ulteriore condizione, ovvero che, a partire dal periodo 2000-2001, la stipula del contratto intervenga anteriormente al 31 gennaio di ogni anno e la comunicazione agli organi regionali o della provincia autonoma di controllo sia effettuata entro il 15 febbraio successivo e che l'atto attestante il trasferimento di quota debba essere convalidato dalla regione o dalla provincia autonoma del produttore che acquisisce il quantitativo in questione, entro quindici giorni dalla predetta comunicazione e che, infine, e' fatto obbligo alle parti contraenti di trasmettere detto documento ai rispettivi acquirenti che si avvalgono dello stesso ai fini del calcolo del prelievo supplementare; quanto all'art. 1, comma 7, nella parte in cui viene precisato che il prelievo dovuto per i periodi 1997-1998 e 1998-1999 e' versato dall'acquirente entro trenta giorni dal ricevimento della relativa comunicazione da parte dell'A.I.M.A in liquidazione; quanto all'art. 1, comma 7-bis, in quanto dispone che, fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 6, del d.l. n. 43 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 118 del 1999, l'esatta localizzazione delle aziende ubicate in comuni parzialmente delimitati, con effetto a decorrere dal periodo 1998-1999, non opera ai fini dell'applicazione dell'art. 2, comma 1, del d.l. n. 727 del 1994 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 46 del 1995; quanto all'art. 1, comma 8-bis, in quanto dispone che il quantitativo di latte attribuito ai sensi del Regolamento (CE) n. 1256/1999, con decorrenza dal 1o aprile 2001, affluisce alla riserva nazionale ed e' ripartito tra le regioni e province autonome sulla base di criteri stabiliti con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali e che lo schema di decreto, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e' trasmesso al Parlamento per l'espressione del parere da parte delle competenti commissioni parlamentari e che con le medesime modalita' sono stabiliti i criteri per la ripartizione tra le regioni e province autonome dei quantitativi che affluiscono alla riserva nazionale a seguito di revoche, rinunce ed abbandoni effettuati ai sensi della normativa nazionale e comunitaria vigente o per effetto di ulteriori aumenti comunitari del quantitativo globale nazionale; quanto all'art. 1, comma 8-ter, in quanto dispone che entro il 30 giugno 2000 l'A.I.M.A. in liquidazione provvede ad aggiornare il tasso di tenore medio nazionale di grasso di riferimento nel latte e che il tasso sara' successivamente aggiornato ogni due anni entro il 31 marzo, nel rispetto della normativa comunitaria. F a t t o 1. - Il regime delle quote latte, finalizzato al contenimento della produzione nel mercato europeo, e' stato introdotto con il Regolamento CEE del Consiglio n. 856 del 31 marzo 1984; in forza del predetto Regolamento, la Comunita' europea ha attribuito un quantitativo massimo di produzione lattiera a ciascuno Stato membro - per l'Italia determinato in t. 9.212.000 -, e sottoposto le eventuali eccedenze al pagamento di una penalita' ad esse proporzionale (c.d. prelievo). L'attuazione del predetto regime presupponeva il previo accertamento della produzione effettiva sul territorio nazionale e la successiva proporzionale attribuzione dei quantitativi in capo ai singoli produttori. In Italia, i relativi accertamenti furono inizialmente demandati all'UNALAT e poi, in ragione dei dubbi sorti in ordine alla correttezza di tali rilevazioni, che si discostavano marcatamente dalle indicazioni comunitarie, al C.C.I.A. In conclusione, la produzione complessiva nazionale risultava superiore comunque di circa un milione di tonnellate rispetto al quantitativo attribuito. Nel frattempo veniva approvata la legge 26 novembre 1992, n. 468, recante attuazione del regime delle quote latte istituito a livello comunitario. Sulla base delle rilevazioni effettuate, veniva quindi diramato il bollettino per la campagna 1994/1995 contenente, nel rispetto del quantitativo complessivamente assegnato all'Italia, i limiti individuali di produzione. Ne discendeva un ampio contenzioso sui quantitativi assegnati, che risultavano di gran lunga inferiori allo stesso fabbisogno nazionale complessivo. 2. - Ai fini del contenimento della produzione interna complessiva entro il limite quantitativo imposto a livello comunitario (nel frattempo aumentato a t. 9.900.000), il Governo per mezzo del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n. 46 del 1995, operava un generalizzato taglio della quota B (che, come noto, e' costituita dalla maggior produzione commercializzata dal singolo produttore nel periodo 1991/1992 rispetto al periodo 1988-1989). Gia' tali provvedimenti legislativi introducevano, in totale assenza di intesa o di qualsivoglia altra forma di coordinamento con le regioni, criteri di riduzione delle quote chiaramente penalizzanti nei confronti delle regioni a piu' alta vocazione produttiva. Pertanto, veniva proposto ricorso dalle regioni Lombardia e Veneto in via principale per l'affermazione dell'illegittimita' costituzionale dei provvedimenti legislativi citati, in riferimento alla grave lesione delle prerogative regionali riconosciute dalla Costituzione dagli stessi perpetrata. Codesta ecc.ma Corte si e' sul punto pronunciata con sentenza n. 520 del 1995, dichiarando l'illegittimita' dell'art. 2, comma 1, della legge n. 46 "nella parte in cui non prevede il parere delle regioni interessate nel procedimento di riduzione delle quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino". 3. - Il Governo e' poi reiteratamente intervenuto con la decretazione d'urgenza per mezzo dei dd.-ll. nn. 124, 260, 353, 440, 463, 542 e 552 del 1996, nel dichiarato intento di operare un riordino del settore, ma di fatto aggravando la gia' confusa situazione esistente, con disposizioni contraddittorie e comunque sempre lesive delle prerogative regionali. In particolare, il sistema di compensazione a livello nazionale introdotto per mezzo delle citate disposizioni, sempre in assenza di qualsivoglia forma di coordinamento con le regioni, ha moltiplicato gli effetti distorsivi dei tagli di quota (peraltro confermati) a danno delle regioni del nord. I dd.-ll. nn. 542 e 552 del 1996 (reiterativi dei precedenti) sono poi stati rispettivamente convertiti in leggi nn. 642 e 649 del 1996, subito seguite dalla legge n. 662 del 1996, sostanzialmente ripetitiva delle medesime disposizioni in esse contenute. In ordine ai suddetti provvedimenti legislativi, codesta ecc.ma Corte, sul ricorso presentato da numerose regioni - tra le quali il Veneto -, ha pronunciato la sentenza n. 398 del 1998, con la quale ha, da un lato, dichiarato la cessazione della materia del contendere in riferimento ad alcune delle disposizioni impugnate, in quanto sostituite nel contenuto dai successivi provvedimenti legislativi adottati in materia nel corso del 1997 (che piu' oltre ci si riserva di illustrare), e, dall'altro, dichiarato costituzionalmente illegittime quelle tra le disposizioni impugnate ancora in vigore. In particolare, codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto la fondatezza delle censure sollevate in riferimento ai criteri di compensazione inizialmente introdotti con il d.-l. n. 124 del 1996 e poi da ultimo recepiti nell'art. 2, comma 168, della legge n. 662 del 1996 - specifico oggetto della pronuncia de qua -, ed ha dunque dichiarato l'illegittimita' costituzionale della predetta disposizione nella parte in cui "stabilisce i criteri in base ai quali deve essere effettuata la compensazione nazionale senza che sia stato preventivamente acquisito il parere delle regioni e delle province autonome". Sono stati, inoltre, dichiarati costituzionalmente illegittimi i commi 4, 5 e 5-bis dell'art. 3 del d.-l. n. 552 del 1996, convertito con modificazioni dalla legge n. 642 del 1996, nella parte in cui prevedono "l'adozione di un piano di abbandono totale o parziale della produzione lattiera senza che su di esso sia stato previamente acquisito il parere delle regioni e delle province autonome", attribuiscono "all'A.I.M.A anziche' alle regioni e alle province autonome il compito di provvedere alla riassegnazione, in ambito regionale e provinciale, delle quote latte abbandonate", stabiliscono "i criteri in base ai quali la riassegnazione di dette quote deve essere effettuata", ed infine prevedono "la riassegnazione su base nazionale delle quote abbandonate e non riassegnate in ambito regionale e provinciale, senza previa consultazione delle regioni e delle province autonome". Infine, del pari illegittima e' stata dichiarata la disposizione di cui all'art. 2, comma 173, della legge n. 662 del 1996, nella parte in cui essa "differisce i termini ivi previsti - ovvero, il termine di efficacia della vendita o dell'affitto di quote, spostato dal 30 novembre al 31 dicembre di ciascun anno - senza la previa acquisizione del parere delle regioni e delle province autonome". La summenzionata pronuncia ha peraltro in linea generale definitivamente chiarito che la produzione lattiera appartiene alla materia dell'agricoltura, di competenza delle regioni e non della regolazione dei mercati, di competenza dello Stato e che "il nesso strumentale tra l'agricoltura, che e' l'oggetto specifico delle misure in questione, e la politica del mercato agricolo non puo' giustificare l'attrazione della prima nell'ambito della seconda, poiche' diversamente la competenza regionale verrebbe integralmente sacrificata in materia di agricoltura, posto che ogni attivita' agricola puo' sempre essere strumentale al mercato" (cfr. Corte cost., sent. n. 398 del 1998, punto 2 del Considerato in diritto). La regolamentazione della produzione lattiera rientra, dunque, senza dubbio alcuno nel piu' ampio settore dell'agricoltura, di dichiarata competenza regionale ai sensi dell'art. 117 Cost., come del resto e' confermato da ultimo dal d.lgs. n. 143 del 1997, recante "Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'Amministrazione centrale". Ne deriva che, nella determinazione degli indirizzi generali di politica agricola - sia pure rimessi all'elaborazione statale per garantirne la coerenza con i principi comunitari -, le regioni debbono essere necessariamente coinvolte, in quanto, appunto, titolari delle relative competenze; tale coinvolgimento richiede - in termini generali, ma ancor prima sulla base dell'espresso disposto dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 143 citato - il raggiungimento di una vera e propria intesa tra Stato e regioni in sede di Conferenza permanente ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 281 del 1997 e non certo la mera consultazione, sia essa preventiva o addirittura successiva, delle regioni, che non puo' garantire la reale partecipazione delle stesse al procedimento decisionale. 4. - All'inizio del 1997, il Governo e' nuovamente intervenuto nel settore de quo per mezzo del d.-l. n. 11 del 1997, poi convertito in legge n. 81 del 1997 (entrambi impugnati avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorsi nn. rr.gg. 26 e 37 del 1997). In sede di conversione, si riconoscevano finalmente in capo alle regioni competenze attuative della normativa comunitaria in materia di quote latte, ma cio' solo a decorrere dalla campagna 1997/1998, e comunque facendo salve - in attesa di una fantomatica riforma organica del settore - tutte le competenze dell'A.I.M.A. Veniva inoltre istituita una Commissione governativa d'indagine, nell'ambito della quale non era peraltro contemplata la partecipazione di rappresentanti regionali, e si prevedeva altresi' un regime di incentivi a fronte dell'abbandono della produzione lattiera. Successivamente, ancora ricorrendo alla decretazione d'urgenza, con d.-l. n. 118 del 1997 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso n. r.g. 41 del 1997), poi convertito in legge n. 204 dello stesso anno, si prevedeva la proroga dei lavori della Commissione governativa piu' sopra menzionata, nonche', sulla base delle risultanze dell'indagine condotta dalla Commissione stessa, l'aggiornamento da parte dell'A.I.M.A degli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995-1996. In sede di conversione si aggiungeva, infine, la sospensione dei programmi di abbandono istituiti con il precedente d.-l. n. 11 dello stesso anno. Nel frattempo, in esito all'indagine effettuata, la Commissione governativa, nelle relazioni dell'aprile e dell'agosto dello stesso 1997, evidenziava, tra l'altro, il fenomeno dei cosiddetti "contratti anomali" e rendeva noti i risultati delle simulazioni di compensazione per l'annata 1995-1996 effettuate a livello sia di APL che nazionale. 5. - Malgrado l'invito della Commissione governativa a procedere ad una complessiva - nonche' definitiva - riforma del settore lattiero-caseario, il Governo e' poi nuovamente intervenuto con la decretazione d'urgenza per mezzo del decreto-legge n. 411 del 1997 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso n. r.g. 3 del 1998). In sintesi, il decreto, nel testo coordinato con le modificazioni introdotte dalla legge di conversione n. 5 del 1998 (del pari impugnata dalle regione Veneto con ricorso n. r.g. 19 del 1998), quanto al procedimento di accertamento della produzione lattiera, prevedeva ancora in capo all'A.I.M.A competenze in ordine alla determinazione della produzione effettiva per i periodi 1995-1996 e 1996-1997, predeterminando le particolari fattispecie tipizzate da assoggettare a verifica (art. 2, comma 1). In esito a tali accertamenti veniva confermato in capo all'A.I.M.A anche il compito di aggiornare i quantitativi di riferimento dei singoli produttori (e di darne agli stessi comunicazione) per i periodi 1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998, tenendo conto, anche in questo caso, di predeterminate fattispecie tipizzate (art. 2, comma 3 e comma 5, prima parte, e art. 4). Veniva poi introdotto un procedimento di riesame ad iniziativa dei singoli produttori interessati (i cosiddetti "ricorsi di riesame") di competenza delle regioni (art. 2, comma 5, seconda parte e comma 6), che avrebbero dovuto essere dagli stessi enti istruiti e decisi nel termine ristrettissimo di sessanta giorni (art. 2, comma 8). Nelle more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto, il Governo disponeva poi in favore dei produttori - limitatamente al periodo 1996-1997 - la restituzione dell'80% degli importi trattenuti dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare e, quanto al periodo 1997-1998, la restituzione dell'intero importo trattenuto a titolo di prelievo supplementare relativo alla parte di quota B ridotta dall'art. 2 del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n. 46 del 1995, nonche' dell'importo relativo agli esuberi conseguiti da produttori titolari esclusivamente di quota A nei limiti del 10% della medesima (art. 1). Inoltre, l'art. 3 disponeva che l'A.I.M.A provvedesse alla rettifica della compensazione nazionale per i periodi 1995-1996 e 1996-1997 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata in vigore del decreto, nonche' degli accertamenti compiuti e delle decisioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2. Si prevedeva, poi, che, limitatamente al periodo 1995-1996, l'A.I.M.A - previo raffronto tra i dati della compensazione nazionale e quelli derivanti dall'applicazione delle regole di compensazione precedentemente in vigore - applicasse in via perequativa l'importo del prelievo supplementare che risultasse meno oneroso per il produttore. L'art. 4-bis istituiva una commissione di garanzia - nell'ambito della quale non era prevista la partecipazione di alcun membro di provenienza regionale - con il compito di verificare la conformita' alla vigente legislazione delle procedure e delle operazioni effettuate per la determinazione della quantita' di latte prodotta e commercializzata e per l'aggiornamento dei quantitativi di riferimento spettanti ai produttori per i periodi 1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998. Quanto alla campagna 1998/1999, l'art. 5, in espressa deroga all'art. 1 del d.-l. n. 11 del 1997, convertito in legge n. 81 del 1997, attribuiva nuovamente all'A.I.M.A la competenza in ordine alla redazione degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999. 6. - Il 17 febbraio 1998 il Ministero per le politiche agricole emanava un decreto (impugnato dalla regione Veneto per conflitto di attribuzioni con ricorso pendente avanti a codesta ecc.ma Corte con n. r.g. 12/1998) disciplinante, oltre che le modalita' per l'istruttoria dei ricorsi di riesame, anche le altre modalita' di applicazione del decreto-legge n. 411, cosi' come convertito dalla legge n. 5, in tal modo aggravando ulteriormente, a discapito dell'autonomia organizzativa delle regioni, la gia' manifesta illegittimita' costituzionale delle disposizioni legislative che pretendeva di attuare. Successivamente, con d.-l. n. 187 del 1998, convertito con modificazioni in legge n. 276 del 1998 (impugnata avanti codesta ecc.ma Corte dalla regione Veneto con n. r.g. 38 del 1998), veniva prorogato il termine per la decisione da parte delle regioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2, comma 5, del d.-l. n. 411 avverso le determinazioni A.I.M.A. e si confermavano in capo alla stessa A.I.M.A. le attribuzioni in ordine all'aggiornamento degli elenchi dei titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999. 7. - Dopo anni di gestione operata in via straordinaria, e percio' sommaria, la definitiva riorganizzazione del settore lattiero-caseario si rendeva dunque - e si rende tuttora - tanto piu' necessaria in esito alle verifiche compiute dalla Commissione governativa di indagine e dalla Corte dei conti. Dalle relazioni redatte sul punto dagli organi citati emergeva, infatti, la necessita' di approntare un valido e definitivo sistema di gestione altemativo a quello che si e' venuto formando sotto l'assillo di fatti contingenti e per cio' stesso privo di qualsiasi disegno programmatico e di adeguata stabilita'. In particolare, si sottolineava come tale sistema alternativo dovesse essere attuato mediante una reale decentralizzazione regionale in materia di agricoltura. Di conseguenza, il Governo, nella consapevolezza dell'inidoneita' dello strumento del decreto-legge ai fini di cui sopra, aveva finalmente predisposto un disegno di legge preordinato alla definitiva regolamentazione del settore. Senonche', di fronte all'opposizione della maggioranza dei rappresentanti regionali in sede di conferenza permanente del 24 febbraio 1999, ed ancora ignorando totalmente il disposto di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 143 del 1997, che prescrive il raggiungimento di un'intesa, per di piu' necessariamente preventiva tra Stato e regioni, il Governo ha abbandonato l'iniziale intento, ed ha trasfuso parte del testo originario nel decreto-legge n. 43 del 1999 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso n. r.g. 15 del 1999), che, nel testo coordinato con le modificazioni introdotte dalla legge di conversione n. 118 del 1999 (del pari impugnata, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso n. r.g. 19 del 1999), prevede, in estrema sintesi, i seguenti adempimenti. Quanto ancora alle procedure di accertamento della produzione lattiera, si prevedeva l'obbligo in capo alle regioni di comunicare all'A.I.M.A, entro il brevissimo termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, dei "motivati" errori intervenuti nelle operazioni di riesame di cui al d.-l. n. 411 del 1997 e delle relative correzioni, sulla base delle tipologie individuate nella relazione finale della Commissione di garanzia quote latte, e la "recezione" di tali correzioni da parte dell'A.I.M.A (art. 1, comma 2), nonche' la definizione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, con uno o piu' decreti del Ministro per le politiche agricole, di ogni ulteriore questione relativa alle stesse operazioni di riesame, non risolta ai sensi del citato comma 2 (art. 1, comma 14). Si preveda, inoltre, l'aggiornamento, ancora ad opera dell'A.I.M.A, dei quantitativi individuali per il periodo 1997-1998, gia' accertati ai sensi del d.-l. n. 411, sulla base, anche in questo caso, di fattispecie tipizzate (art. 1, comma 3, lettera a), e la comunicazione individuale ai produttori dei quantitativi individuali sopra citati delle produzioni commercializzate per il periodo 1997-1998 risultanti dai modelli L1 pervenuti all'A.I.M.A., e delle anomalie in essi riscontrate, tenuto anche conto delle risultanze dei ricorsi relativamente al numero dei capi accertati (art. 1, comma 3, lettera b), nonche' l'aggiornamento definitivo dei quantitativi individuali per il periodo 1998-1999, che avrebbe costituito anche attribuzione provvisoria per il periodo 1999-2000 per mezzo della stessa comunicazione di cui al predetto comma 3, lettera b) (art. 1, comma 4). Si rimetteva poi al Ministro per le politiche agricole, con proprio decreto, la definizione delle modalita' procedurali per addivenire alle determinazioni definitive dei dati di cui ai commi 3 e 4 sopra citati da parte delle regioni e province autonome (art. 1, comma 5) e per la comunicazione individuale ai produttori dei dati afferenti anche alla campagna 1998-1999 (art. 1, comma 10). Veniva poi fissato in venti giorni dal ricevimento della comunicazione A.I.M.A. il termine per il versamento, a seguito delle operazioni di compensazione di cui al comma 10, del prelievo dovuto per il periodo 1998-1999 agli acquirenti (art. 1, comma 19). Quanto alle operazioni di compensazione e alla conseguente determinazione del prelievo supplementare, si attribuivano ancora in capo all'A.I.M.A. le relative competenze, sia in riferimento alle annate 1995-1996 e 1996-1997 (art. 1, comma 1) che con riferimento alle annate 1997-1998 e 1998-1999 (art. 1, commi 7 e 9), e venivano riprodotti gli stessi criteri di compensazione di cui al d.-l. n. 552 del 1996, e relativa legge di conversione ed alla legge n. 662 del 1996, mantenendo il medesimo ordine di priorita' (art. 1, comma 8) - valevoli, in attesa della riforma del settore, anche in riferimento all'annata 1999-2000 (art. 1, comma 21-ter) -, salvo che per le annate 1997-1998 e 1998-1999, per le quali, in deroga ai suaccennati criteri ed al loro ordine, veniva istituita una priorita' assoluta in favore delle regioni Marche ed Umbria (art. 1, comma 9) e per l'annata 1995-1996, in riferimento alla quale, l'A.I.M.A., nella esecuzione della rettifica di cui all'art. 3 del d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998, non avrebbe applicato le riduzioni della quota B in ottemperanza alle sentenze concernenti le illegittimita' delle stesse riduzioni (art. 1, comma 1). Venivano inoltre previste procedure particolari per il versamento del prelievo cosi' determinato, ovvero l'obbligo in capo al produttore, qualora le somme trattenute dall'acquirente a titolo di prelievo per i periodi 1995-1996 e 1996-1997 non fossero sufficienti a coprire il prelievo complessivamente dovuto, di corrispondere all'acquirente la differenza entro il quinto giorno antecedente la scadenza del termine per il versamento degli importi trattenuti dall'acquirente stesso (pari a trenta giorni dal ricevimento della comunicazione da parte dell'A.I.M.A. dei prelievi dovuti) e, in difetto, su comunicazione dell'acquirente e previa intimazione al pagamento, la riscossione coattiva del debito residuo mediante ruolo ad opera dell'A.I.M.A stessa (art. 1, comma 15). Con effetto a decorrere dal periodo 1996/1997, veniva poi fissato il termine per la stipula dei contratti di affitto e vendita di quota senza trasferimento di azienda, al 31 dicembre di ciascun anno, fatti salvi gli accertamenti eseguiti ai sensi del d.-l. n. 411 del 1997, e la possibilita' che i contratti cosi' stipulati entro il 31 dicembre 1996, su concorde volonta' delle parti comunicata all'A.I.M.A, potessero avere effetti in riferimento alla stessa annata 1996/1997 (art. 1, comma 20). Si prevedeva inoltre la ripartizione, a decorrere dal periodo 1999-2000, delle quote confluite nella riserva nazionale in misura proporzionale ai quantitativi individuali allocati presso ciascuna regione o provincia autonoma accertati per i periodi 1995-1996 e 1996-1997 ai sensi del d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998, e l'assegnazione da parte delle singole regioni ai produttori secondo criteri di priorita' deliberati dagli stessi enti, ma comunque in primis a favore dei produttori che avessero subito le riduzioni di cui alla legge n. 46 del 1995, e comunque, in nessun caso, a favore dei produttori che nel corso dei periodi 1997-1998 e 1998-1999 avessero venduto ovvero affittato, in tutto o in parte, le quote di cui erano titolari (art. 1, commi 21 e 21-bis). Ai fini dello svolgimento delle operazioni di compensazione contemplate dallo stesso decreto, si introducevano poi surrettizie limitazioni degli effetti degli provvedimenti giurisdizionali ottenuti dai produttori in ordine alla consistenza del quantitativo assegnato e del prelievo supplementare addebitato (art. 1, commi 11 e 13). Si preveda, infine, in capo all'acquirente un vero e proprio obbligo (pena l'applicazione a danno dell'acquirente stesso delle sanzioni amministrative di cui all'art. 11 della legge n. 468 del 1992 e all'art. 23 del d.P.R. n. 569 del 1993) di conferma dei dati risultanti dagli accertamenti effettuati ai sensi del d.-l. n. 411 a rettifica dei dati dichiarati dai produttori nei modelli L1 in riferimento alle annate 1995-1996, 1996-1997 (comma 17, primo periodo) e 1997-1998 (comma 18) e, in difetto, la rettifica automatica dei dati contenuti nel modello L1 in conformita' a quelli risultanti dalle operazioni di accertamento di cui al d.-l. n. 411 piu' volte citato, ferme le procedure sanzionatorie previste dalla legge (art. 1, comma 17, secondo periodo). 8. - Nel frattempo, con d.lgs. n. 165 del 1999, l'A.I.M.A e' stata soppressa e posta in liquidazione, con residue competenze, previste dalle disposizioni transitorie dello stesso decreto legislativo (art. 12) fino alla data di riconoscimento della neoistituita A.G.E.A. - Agenzia per le erogazioni in agricoltura - come organismo pagatore, limitate alla erogazione degli aiuti comunitari relativi alle campagne in corso e a quelle precedenti e allo svolgimento di compiti di organismo di intervento nel mercato agricolo previsti dalla normativa comunitaria. Quanto ai rapporti gia' in essere tra l'A.I.M.A. e le organizzazioni professionali agricole in relazione alla attivita' istituzionale delle stesse in favore dei produttori agricoli aderenti ed ai compiti della stessa azienda di informazione, divulgazione, raccolta dati ed elementi di fatto occorrenti anche per le operazioni di controllo previste dalla normativa comunitaria e nazionale e rispondenti all'interesse della collettivita', essi sono stati prorogati sino al 30 giugno 1999 (art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 1999). Quanto alle competenze riconosciute in capo al commissario liquidatore dell'A.I.M.A, esse afferiscono unicamente le funzioni prorogate dell'A.I.M.A. quale organismo pagatore ai sensi del sopra descritto comma 1 ed il passaggio all'A.G.E.A. delle attivita', delle funzioni e dei beni materiali ed immateriali (cfr. art. 12, commi 2 e 3), nonche' gli atti ed attivita' necessarie ad assicurare la continuita' nell'erogazione dei pagamenti degli aiuti ai produttori e la gestione degli interventi connessi con l'applicazione di regolamenti comunitari e nazionali in materia di aiuti e per la gestione e l'aggiornamento degli schedari oleicolo e viticolo (cfr. art. 12, comma 4). Come si evince chiaramente dalle disposizioni sopra richiamate, gia' dal 30 giugno 1999, il commissario liquidatore dell'A.I.M.A. era ormai privo di qualsivoglia potere di accertamento della produzione, di aggiornamento dei quantitativi individuali di riferimento, di effettuazione delle operazioni di compensazione nazionale e conseguente determinazione del prelievo supplementare a carico dei produttori considerati eccedentari. Nondimeno, lo stesso commissario ha continuativamente svolto - come anche si chiarira' piu' oltre - le funzioni di cui sopra, da ultimo tra la fine di marzo ed i primi giorni di aprile 2000. 9. - In riferimento a tutti i ricorsi per illegittimita' costituzionale proposti, tra le altre, dalla regione Veneto, contro i sopradescritti provvedimenti legislativi adottati in materia di quote negli anni 1997, 1998 e 1999, codesta ecc.ma Corte, in esito all'udienza di discussione del 26 ottobre 1999, ha, in data 15 dicembre 1999, emesso un'ordinanza istruttoria, per mezzo della quale ha ordinato alla Presidenza del Consiglio il deposito, entro il termine di centottanta giorni, della documentazione relativa alle sedute della conferenza permanente per i rapporti Stato-regione tenutesi con riguardo ai provvedimenti legislativi impugnati; della relazione finale delle Commissione di garanzia quote latte, istituita dall'art. 4-bis del d.-l. n. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998; di un prospetto delle date di emissione dei bollettini A.I.M.A in riferimento alle campagne lattiero-casearie 1995-1996, 1996-1997, 1997-1998; di un quadro del contenzioso civile e amministrativo in corso, in relazione alla determinazione delle quote latte individuali e alle compensazioni effettuate dall'A.I.M.A. In pendenza del termine imposto da codesta ecc.ma Corte, l'ordinanza non risulta essere stata ancora ottemperata. Analoga ordinanza istruttoria (del 15 dicembre 1999) e' stata poi adottata da codesta ecc.ma Corte con riguardo al ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla stessa regione ricorrente in riferimento al decreto ministeriale del Ministero per le politiche agricole del 17 febbraio 1998 (rubricato con n. r.g. n. 12 del 1998); in questo caso, la Presidenza del Consiglio, atteso il piu' breve termine imposto di centoventi giorni, ha gia' provveduto a depositare la documentazione richiesta, che, per quanto qui interessa, non fa che confermare la mancanza di adeguato coinvolgimento delle regioni (coinvolgimento, che, quanto al decreto ministeriale in oggetto, sulla base della stessa fonte legislativa - il d.-l. n. 411, convertito in legge n. 5 -, avrebbe dovuto avvenire nelle forme dell'intesa), in ragione della attivazione da parte del Governo di una consultazione delle regioni in sede di conferenza meramente formale, e comunque tardiva, in quanto disposta in ordine ad un testo gia' predisposto a livello ministeriale. 10. - Sono stati nel frattempo diramati (precisamente nel mese di luglio del 1999) i provvedimenti A.I.M.A. recanti i risultati della compensazione nazionale delle produzioni di latte per i periodi 1995-1996 e 1996-1997 e degli importi di prelievo supplementare conseguentemente addebitati ai produttori per le annate di riferimento. Si e' cosi' aperto un nuovo vastissimo contenzioso avanti ai tribunali amministrativi ad iniziativa, non solo dei singoli produttori, loro associazioni e primi acquirenti, ma da parte delle stesse regioni, tra le quali il Veneto, che hanno chiesto, e molti ottenuto, la sospensione degli elenchi medesimi in ragione delle evidenti illegittimita' riscontrate (tra le altre: retroattivita', incertezza dei dati quantitativi di riferimento, omessa motivazione, omesso riscontro in ordine alla applicazione della compensazione "meno onerosa" in riferimento alla campagna 1995-1996). Il Ministero per le politiche agricole ha poi adottato, dapprima il decreto n. 159 del 21 maggio 1999 (impugnato dalla regione Veneto con ricorso per conflitto di attribuzioni n. r.g. 29/1999), recante attuazione dell'art. 1, comma 5, del d.-l. n. 43 e conseguente determinazione delle modalita' procedurali per addivenire alle determinazioni "definitive" in ordine ai quantitativi individuali per la campagna 1997-1998 ai fini della effettuazione delle operazioni di compensazione in riferimento alla medesima annata, e successivamente i decreti ministeriali nn. 309 e 310, rispettivamente del 15 luglio 1999 e 10 agosto 1999 (impugnati dalla regione Veneto avanti codesta ecc.ma Corte con separati ricorsi per conflitto di attribuzioni), recanti attuazione dell'art. 1, comma 14, del d.-l. n. 43, a pretesa risoluzione di ogni ulteriore questione afferente i dati quantitativi di riferimento per le annate 1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998. Per mezzo dei decreti citati, che nulla risolvono in via definitiva ma tutto rimettono in discussione in ordine al tanto sospirato accertamento definitivo in riferimento a campagne produttive ormai concluse da anni, le regioni sono state ulteriormente relegate ad un ruolo meramente esecutivo delle incoerenti - e non certo risolutive - "direttive" di derivazione statale. Sulla base di tali decreti, il commissario liquidatore dell'A.I.M.A ha, nel mese di ottobre del 1999, operato la rettifica degli esiti della compensazione per le annate 1995-1996 e 1996-1997 (in ordine ai quali si e' aperto un nuovo vastissimo contenzioso) e successivamente emesso, nei primi giorni del mese di febbraio del 2000, gli elenchi recanti attribuzione dei quantitativi individuali di produzione in riferimento alle successive annate 1997-1998, 1998-1999 e, seppure in via dichiaratamente provvisoria per l'annata 1999-2000 (anch'esse, quanto alle prime due annate considerate, concluse, rispettivamente, da oltre due anni e un anno, e, quanto all'annata 1999-2000, prossima alla chiusura). Comunque ora non si tratta piu' semplicemente di chiudere "alla meno peggio" annate lattiere ai fini dell'adempimento degli obblighi comunitari in termini di versamento del prelievo supplementare, ma di organizzare un sistema che regga per almeno ulteriori otto anni: infatti, con regolamento CE n. 1256/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, il regime del prelievo supplementare, istituito con regolamento CE n. 3950/1992, e' stato prorogato per ulteriori otto anni consecutivi a decorrere dal 1o aprile 2000. Il regolamento citato, per mezzo del quale sono stati accordati all'Italia ulteriori quantitativi di produzione, ha peraltro espressamente previsto che le disposizioni comunitarie siano attuate "al livello territoriale appropriato o in zone di raccolta" al fine di "rafforzare la possibilita' di gestione in maniera decentrata ..., ristrutturare la produzione lattiera o migliorare l'ambiente" (cfr., reg. CE n. 1256/1999, quinto considerando e punto e) dell'art. 8). 11. - Al fine di ripartire il quantitativo ulteriore riconosciuto dalla UE, il Governo ha ancora ingiustificatamente fatto ricorso alla decretazione d'urgenza, adottato, in assenza di qualsivoglia forma di coordinamento con le regioni e province autonome, il d.-l. n. 8 del 2000 (impugnato dalla regione Veneto avanti a codesta ecc.ma Corte costituzionale), i cui contenuti possono sintetizzarsi come segue: venivano stabilite le modalita' di ripartizione del quantitativo di latte attribuito dalla UE per mezzo del reg. (CE) n. 1256/1999, con decorrenza dal 1o aprile 2000, e si prevedeva a tal fine che tale quantitativo, una volta affluito nella riserva nazionale, venisse ripartito tra le regioni e le province autonome sulla base della tabella allegata (30.050 al Piemonte; 1.700 alla Valle D'Aosta; 141.900 alla Lombardia; 13.150 alla provincia di Bolzano; 4.200 alla provincia di Trento; 43.750 al Veneto; 8.650 al Friuli-Venezia Giulia; 400 alla Liguria; 64.500 all'Emilia-Romagna; 3.550 alla Toscana; 2.250 all'Umbria; 1.850 alle Marche; 18.600 al Lazio; 3.650 all'Abruzzo; 3.200 al Molise; 11.750 alla Campania; 10.850 alla Puglia; 3.800 alla Basilicata; 2.400 alla Calabria; 5.750 alla Sicilia; 8.050 alla Sardegna) e si rimetteva poi alle regioni e province autonome la riassegnazione ai produttori operanti nel rispettivo territorio del quantitativo complessivamente assegnato, entro tre mesi dall'entrata in vigore del decreto stesso, secondo criteri oggettivi di priorita' e modalita' preventivamente determinate; piu' in particolare, si stabiliva che tali criteri dovevano comunque prevedere una riserva pari almeno al 20% in favore dei giovani agricoltori richiedenti (salvo il caso di mancanza di sufficienti richieste) e che, in nessun caso, potevano beneficare delle suddette riassegnazioni i produttori che, nel corso degli ultimi tre periodi, avessero venduto, affittato o comunque ceduto, in tutto o in parte, le quote di cui erano titolari (art. 1, comma 1); si prevedeva che le regioni e le province autonome potevano stabilire che le quote di coloro che avessero beneficiato delle assegnazioni di cui allo stesso art. 1 e di quelle di cui all'art. 12, comma 21, del d.-l. n. 43/1999, convertito in legge n. 118/1999, non potevano essere in tutto o in parte vendute, affittate, comodate o costituire oggetto di contratti di soccida per uno o piu' periodi, salvo documentati casi di forza maggiore e disponeva che le quote non assegnate dalle regioni o province autonome nel termine di cui al comma 1 riaffluivano alla riserva nazionale per essere ripartite tra le regioni in misura proporzionale ai quantitativi fissati nella tabella allegata al decreto (art. 1, comma 2); si disponeva che le regioni e le province autonome, in applicazione dell'art. 1 del d.-l. n. 11/1997, convertito in legge n. 81/1997, dovevano, entro il 15 marzo 2000, provvedere all'aggiornamento dei quantitativi individuali di riferimento dei produttori titolari di quota la cui azienda sia ubicata nel proprio territorio, per il periodo 2000-2001, avvalendosi dei dati risultanti dal sistema informatico di supporto di cui all'art. 5 del decreto del Ministero per le politiche agricole n. 159/1999, e che la comunicazione relativa ai dati citati, da effettuarsi entro il 31 marzo 2000, sarebbe stata poi curata dall'organismo nazionale di intervento nel mercato agricolo e disponeva, inoltre, che le regioni e le province autonome erano poi tenute a provvedere, entro il 30 giugno 2000, all'eventuale aggiornamento dei suddetti quantitativi individuali e alla relativa comunicazione ai produttori interessati e, tramite il sistema informativo, all'organismo nazionale di intervento nel mercato agricolo e prevedeva, altresi', che tali comunicazioni costituivano il titolo da produrre, in copia conforme, all'acquirente per l'applicazione delle disposizioni sul prelievo supplementare e che, per i periodi successivi, le comunicazioni dovevano avvenire, a cura delle regioni e province autonome, entro il 28 febbraio di ogni anno (art. 1, comma 3); si prevedeva che alle dichiarazioni di consegna degli acquirenti e ai relativi modelli L1 continuavano ad applicarsi le disposizioni di cui all'art. 4, commi 2 e 3, del d.-l. n. 411/1997, convertito in legge n. 5/1998, e che, in presenza delle anomalie di cui all'art. 1, comma 4, del decreto ministeriale n. 159/1999, le regioni e province autonome dovevano provvedere agli occorrenti accertamenti con le modalita' previste dall'art. 3, commi 2 e 3, dello stesso decreto ministeriale n. 159/1999, ovvero con quelle dai medesimi enti stabilite (art. 1, comma 4); si prevedeva che alle operazioni di compensazione nazionale si applicavano i criteri di cui all'art. 1, comma 8, del d.-l. n. 43/1999, convertito in legge n. 118/1999, nonche' le disposizioni di cui ai commi 11, 12 e 13 del medesimo art. 1, in quanto compatibili, e che, in caso di mancato pagamento del prelievo supplementare da parte dell'acquirente, le regioni e le province autonome dovevano effettuare la riscossione coattiva mediante ruolo anche nei confronti del produttore, salvo il diritto di rivalsa di questi nei confronti dell'acquirente inadempiente o insolvente (art. 1, comma 5); si disponeva che le regioni e le province autonome potevano autorizzare, in deroga a quanto previsto dall'art. 10, comma 2, lettera a), della legge n. 468/1992, trasferimenti di quota tra aziende ubicate in regioni e province autonome diverse, prevedendo le relative modalita' di controllo, e stabiliva poi direttamente che era consentita la stipulazione di contratti di affitto della parte di quota non utilizzata, separatamente all'azienda, con efficacia limitata al periodo in corso, dandone comunicazione alle regioni e province autonome per le relative verifiche, purche' concorressero almeno le seguenti condizioni: a) il contratto intervenga tra produttori in attivita' che hanno prodotto e commercializzato nel corso del periodo almeno il 50% della loro quota; b) le aziende agricole dei contraenti siano ubicate nella medesima zona omogenea (di montagna, svantaggiata, di pianura); risultavano comunque esclusi dal regime di cui sopra i contratti di soccida e di comodato di stalla, che non possono avere una durata inferiore ad un intero periodo (art. 1, comma 6); si disponeva che i termini per le compensazioni nazionali relative ai periodi di produzione lattiera 1997-1998 e 1998-1999, di cui all'art. 1, commi 7 e 10, del d.-l. n. 43/1999, convertito in legge n. 118/1999, erano entrambi differiti al 30 aprile 2000 (art. 1, comma 7); si disponeva, infine, che, per quanto non abrogato dal decreto stesso, si applicavano le disposizioni della legge n. 468/1992 e le altre disposizioni in materia e che, in caso di inadempimento ai compiti ed obblighi spettanti alle regioni e province autonome in materia di quote latte, si applicavano le disposizioni dell'art. 5 del d.lgs. n. 112/1998 (art. 1, comma 8). In esecuzione dell'art. 1, comma 3, del decreto-legge sopra descritto, l'A.I.M.A ha poi diramato, tra la fine del mese di marzo ed i primi del mese di aprile 2000, gli elenchi recanti l'attribuzione dei quantitativi di produzione (dichiaratamente suscettibili di pur eventuale aggiornamento entro il 30 giugno prossimo) in riferimento alla campagna in corso 2000-2001. Da ultimo, il d.-l. n. 8 sopradescritto e' stato convertito con modificazioni in legge 7 aprile 2000, n. 79, che, cosi' come il decreto convertito, contiene disposizioni gravemente lesive delle prerogative costituzionalmente garantite alle regioni. La legge impugnata con il presente ricorso, nella sua interezza, e con riguardo alle modifiche apportate alle disposizioni convertite analiticamente indicate - il cui contenuto verra' piu' oltre dettagliatamente esposto -, e' costituzionalmente illegittima per i seguenti motivi: D i r i t t o 1. - La legge impugnata reca conversione in legge, con modificazioni, del d.-l. n. 8 del 2000, gia', come detto, impugnato dalla regione ricorrente con ricorso pendente avanti codesta ecc.ma Corte costituzionale. Tutte le censure formulate nel menzionato ricorso nei confronti del decreto-legge e delle sue singole disposizioni rimaste immodificate si trasferiscono, dunque, secondo i principi generali, sulla impugnata legge di conversione. Nondimeno, tale legge da un lato conferma ed aggrava i vizi gia' rilevati avverso il decreto-legge convertito e dall'altro propriamente arreca ulteriori vulnera alle prerogative costituzionalmente riconosciute alla ricorrente, per i motivi di seguito esposti. 2. - Quanto alla legge nella sua interezza, violazione degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117, 118 e 119 Cost., anche in riferimento al principio di leale collaborazione tra Stato e regioni e all'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997. Il legislatore nazionale ha riconosciuto e garantito il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni con riferimento alla elaborazione delle linee guida in tema di agricoltura; infatti, l'art. 2 del d.lgs n. 143 del 1997, nel conferire alle regioni tutte le funzioni amministrative nella materia della quale si discute - in relazione alla quale materia, la competenza delle regioni e' stata chiaramente affermata da codesta ecc.ma Corte per mezzo della gia' citata sentenza n. 398 del 1998 -, prescrive che i compiti di elaborazione e coordinamento delle linee di politica agricola in coerenza con la politica comunitaria debbano essere esercitati dal Ministero per le politiche gricole (istituito con il medesimo decreto legislativo) d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome. In materia di produzione normativa, il suddetto principio costituzionale di leale collaborazione tra Stato e regioni e' stato poi affermato dal d.lgs. n. 281 del 1997, che disciplina le attribuzioni della conferenza permanente nelle materie di interesse regionale, prevedendo, accanto a forme di collaborazione meno "intense" quali la mera consultazione, l'intesa, che si perfeziona con l'assenso del Governo e di tutti i presidenti delle regioni e province autonome (cfr. art. 3 del decreto legislativo citato). E' indubbio, infatti - come ha statuito di recente anche codesta ecc.ma Corte -, che il settore lattierocaseario rientra nelle materie di competenza regionale, e che, necessitando la regolamentazione del sistema delle quote latte di indirizzi generali ed uniformi - nonche' conformi ai principi comunitari - dettati per tutto il territorio nazionale, il principio di leale collaborazione impone il raccordo tra Stato e regioni quantomeno nelle forme dell'intesa, cosi' da assicurare la maggiore partecipazione possibile di queste ultime nell'elaborazione delle stesse linee-guida. La necessaria acquisizione dell'intesa della conferenza permanente ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 281 del 1997 e' stata poi affermata da codesta ecc.ma Corte per mezzo della piu' volte citata sentenza n. 398, a norma della quale l'intesa puo' essere sostituita dalla mera consultazione, di cui all'art. 2 del decreto legislativo da ultimo citato, solo nel caso in cui non si tratti di elaborare linee generali di politica agricola, ma di adempiere a precise prescrizioni comunitarie (trattavasi, nella fattispecie, di conformare il sistema di compensazione interno a quello prefigurato a livello comunitario in seguito ad esplicito richiamo per infrazione inoltrato dagli organi comunitari). Viceversa, il d.-l. n. 8 del 2000, ora convertito dalla legge qui impugnata, pur costituendo senza ombra di dubbio provvedimento generale di politica agricola, e' stato adottato, non solo in assenza di preventiva intesa, ma altresi' in assenza di preventiva consultazione delle regioni. La conferenza permanente Stato-regioni e' stata, infatti, convocata solo in data 10 febbraio 2000 con esclusivo riguardo alla fase di conversione del decreto-legge citato ai fini della emissione di un parere successivo, ex art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 281 del 1997. Come e' noto, tale disposizione consente, in presenza di ragioni d'urgenza (nella specie, come compiutamente rilevato in sede di impugnazione del d.-l. n. 8 del 2000, insussistenti), l'acquisizione di un parere successivo da parte della conferenza permanente, che dovrebbe poi essere tenuto in considerazione in sede di esame parlamentare delle leggi di conversione dei decreti-legge. Viceversa, in nessuna parte della legge di conversione impugnata si da' atto dell'acquisizione del parere e della effettiva sua considerazione in sede appunto di esame parlamentare della legge di conversione stessa. In altri termini, la legge impugnata, non solo non e' stata preceduta dalla prescritta intesa con le regioni, ma neppure da una adeguata considerazione del parere successivo (comunque gia' di per se' insufficiente a garantire il rispetto del piu' volte citato principio di leale collaborazione tra Stato e regioni e delle prerogative costituzionalmente garantite a queste ultime dagli artt. 5, 115, 117 e 118 Cost., anche per come attuati dai d.lgs. n. 281 del 1997 e n. 143 del 1997) reso dai rappresentanti regionali, e cio' tanto in sede di adozione del decreto-legge tanto in sede di sua conversione in legge. Cosi' facendo, il Governo ha dunque aggirato il disposto (oltre che dello stesso art. 2, comma 5, del decreto legislativo richiamato, in ragione della assoluta insussistenza di ragioni d'urgenza che potessero giustificare il ricorso a tale meccanismo di consultazione straordinario) di cui al citato art. 2, comma 1, d.lgs. n. 143 del 1997, che prescrive il raggiungimento di un'intesa, per di piu' necessariamente preventiva tra Stato e regioni nella materia per cui e' causa. Le regioni non sono state quindi attivamente coinvolte a priori e nelle forme adeguate nel procedimento di elaborazione della nuova disciplina, come richiederebbero i principi costituzionali prima ancora che le disposizioni di legge vigenti, in quanto il Governo si e' preoccupato di sollecitare l'intervento regionale solo in un momento successivo e solo a livello di consultazione. Tutto cio' e' particolarmente grave in una materia in riferimento alla quale, come gia' piu' volte rilevato, lo stesso legislatore nazionale ha avvertito la necessita' di instaurare intensi mecanismi collaborativi tra Stato e regioni. 3. - Quanto alle modifiche apportate all'art. 1, commi 1 e 1-bis, violazione degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117 e 118 Cost. All'art. 1, comma 1, quanto alla ripartizione interna ad opera delle regioni tra i produttori operanti nel rispettivo territorio del quantitativo assegnato a livello nazionale dalla UE e distribuito tra le regioni nella misura determinata dall'allegato al d.-l. n. 8, la legge di conversione impugnata precisa che l'assegnazione ad opera delle regioni deve avvenire a favore dei produttori operanti nel rispettivo territorio che siano gia' titolari di quota. Senonche', sempre all'art. 1, comma 1, con riferimento alla riserva pari al 20% del quantitativo piu' volte citato a favore dei giovani agricoltori richiedenti, si precisa che deve trattarsi di giovani agricoltori ai sensi della legge n. 441 del 1998, iscritti nella apposita gestione previdenziale, anche non titolari di quota, e al comma 1-bis, introdotto dalla legge di conversione impugnata, si attribuisce alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano la facolta' di assegnare quantitativi di riferimento ad universita' degli studi, istituti di istruzione, enti pubblici e privati di ricerca e sperimentazione, istituti di pena, nonche' istituzioni pubbliche di enti o organizzazioni private riconosciute che operano nell'ambito del recupero delle tossicodipendenze o della riabilitazione e dell'inserimento dei portatori di handicap mediante la conduzione di appropriate strutture produttive. Tra le esposte modificazioni e integrazioni introdotte dalla legge impugnata sussiste una evidente contraddittorieta'; se da un lato, infatti, viene precisato che l'assegnazione del quantitativo riconosciuto a livello nazionale dalla UE e poi ripartito tra le regioni dallo stesso d.-l. n. 8 puo' avvenire solo a favore dei produttori titolari di quota, dall'altro si prevede che la riserva pari al 20% del quantitativo de quo deve essere assegnata ai giovani produttori anche non titolari di quota e la possibilita' di assegnare quantitativi ad enti ed istituzioni del tutto probabilmente mai risultati assegnatari di quota latte. Quanto esposto costituisce una evidente violazione dell'art. 97 Cost., in ragione della contraddittorieta' interna delle illustrate disposizioni, e dell'art. 3 Cost., in quanto esse discriminano, o meglio favoriscono alcune categorie a scapito di altre, che altrettanto potrebbero essere ritenute degne di aiuto in termini di prima assegnazione. La regione ricorrente comunque, cosi' come in riferimento alle analoghe censure sollevate con riguardo alle altre modifiche introdotte dalla legge impugnata, non lamenta ex se la violazione degli artt. 3 e 97 menzionati, ma la connessa violazione degli artt. 5, 11, 115, 117 e 118 Cost., in quanto l'individuazione di categorie meritevoli di aiuto nei termini di cui sopra dovrebbe, conformemente a quanto anche disposto in termini piu' generali dalla normativa comunitaria in ordine alla necessita' di decentralizzazione del sistema e di individuazione di livelli territoriali appropriati - della quale si dira' piu' oltre -, essere valutata alla luce delle esigenze produttive e della conformazione strutturale delle aziende regionali. Attese le competenze regionali in materia e la stessa natura delle disposizioni in esame, che presuppongono l'individuazione di categorie svantaggiate - in tutta evidenza diverse a seconda delle caratteristiche della zona di appartenenza -, l'individuazione delle categorie delle quali di discute avrebbe dovuto essere dunque rimessa senza dubbio alle regioni, in quanto, appunto, non solo indubbiamente competenti in materia, ma anche in quanto enti territoriali, unici, nell'ambito del proprio territorio, in grado di valutare i bisogni della popolazione e della produzione nel particolare settore per cui e' causa. 3. - Quanto alle modifiche apportate all'art. 1, commi 2 e 6, violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117 e 118 Cost. In sostituzione dell'originaria formulazione del comma 2 dell'art. 1, la legge di conversione impugnata con il presente atto prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano debbano assicurare che le quote assegnate in applicazione dello stesso art. 1, nonche' quelle di cui all'art. 1, comma 21, del d.-l. n. 43 del 1999, convertito, con modificazioni, in legge n. 118 del 1999, non vengano in tutto o in parte vendute, affittate, date in comodato o costituiscano oggetto di contratti di soccida separatamente dall'azienda e che qualora il produttore, beneficiano delle assegnazioni di cui al presente comma, venda, affitti, conceda in comodato o faccia oggetto di contratti di soccida, separatamente dall'azienda, tutte o pade delle quote ad esso assegnate confluiscono nella riserva nazionale per essere poste, al fine di rendere possibili nuove assegnazioni, nella disponibilita' delle regioni e delle province autonome cui affenivano. Al comma 6 dello stesso art. 1, quanto alla possibilita' in capo ai produttori, prevista direttamente dalla stessa disposizione, di stipulare contratti di affitto della parte di quota non utilizzata, separatamente dall'azienda, con efficacia limitata al periodo in corso, viene introdotta una ulteriore condizione, ovvero che, a padire dal periodo 2000-2001 la stipula del contratto intervenga anteriormente al 31 gennaio di ogni anno e la comunicazione agli organi regionali o della provincia autonoma di controllo sia effettuata entro il 15 febbraio successivo, nonche' che l'atto attestante il trasferimento di quota debba essere convalidato dalla regione o dalla provincia autonoma del produttore che acquisisce il quantitativo in questione, entro quindici giorni dalla predetta comunicazione e che e' fatto obbligo alle parti contraenti di trasmettere detto documento ai rispettivi acquirenti che si avvalgono dello stesso ai fini del calcolo del prelievo supplementare. Quanto alla modificazione apportata al comma 2, essa costituisce una indebita compressione delle prerogative regionali, in quanto, in luogo della possibilita' prima riconosciuta in capo alle regioni di inibire l'affitto o comunque il trasferimento dei quantitativi assegnati in forza del d.-l n. 8 medesimo, ora inibisce direttamente i trasferimenti de quibus prevedendo, in ulteriore violazione delle stesse prerogative regionali e delle sentenza di codesta ecc.ma Corte n. 398 del 1998 (nella parte in cui ha dichiarato l'illegittimita' dei commi 4, 5 e 5-bis dell'art. 3 del d.-l. n. 552 del 1996, convertito in legge n. 642 del 1996, nella parte in cui attribuivano all'A.I.M.A. e non alle regioni il compito di provvedere alla riassegnazione, in ambito regionale e provinciale, delle quote latte abbandonate e l'individuazione dei criteri di riassegnazione, e prevedevano inoltre la riassegnazione su base nazionale), che il quantitativo indebitamente ceduto o affittato confluisce nella riserva nazionale per essere poi riassegnato a favore della regione cui originariamente afferiva. E' evidente come tale passaggio si presti ad abusi e concretizzi un inutile appesantimento del sistema: sarebbe stato certo piu' semplice ed equo, oltre che rispondente alle prerogative costituzionalmente riconosciute alle regioni, cosi' come anche affermate da codesta ecc.ma Corte per mezzo della sopra citata sentenza n. 398, prevedere un sistema regionale di riassegnazione dei quantitativi non utilizzati od indebitamente utilizzati nell'ambito territoriale di appartenenza. E' dunque evidente sotto i profili sopra esposti la violazione, oltre che degli artt. 11 e 97 Cost., per contrasto con l'affermato principio comunitario di decentralizzazione ed il principio costituzionale di buon andamento, degli artt. 5, 115, 117 e 118, per essere state le regioni, ancora una volta, relegate ad un ruolo meramente esecutivo e spogliate di qualsivoglia potere decisionale e gestionale. Con piu' particolare riferimento alla eccepita violazione dell'art. 11 della Costituzione per contrasto con il principio comunitario di decentralizzazione, va ricordato che, come gia' esposto in fatto, il regolamento CE n. 1256/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999 stabilisce che le disposizioni comunitarie devono essere attuate "al livello territoriale appropriato o in zone di raccolta" al fine di "rafforzare la possibilita' di gestione in materia decentrata, ristrutturare la produzione lattiera e migliorare l'ambiente" (cfr. reg. CE n. 1256/1999, quinto considerando e punto e) dell'art. 9). Viceversa, come compiutamente esposto in riferimento ai commi citati in epigrafe e ai commi 1 e 1-bis e come si dimostrera' nel prosieguo del presente atto con riguardo alle altre modifiche apportate dalla legge impugnata, le disposizioni comunitarie sono state dal legislatore nazionale attuate estromettendo radicalmente le regioni e le province autonome sia in sede di produzione normativa che di espletamento delle funzioni amministrative - e dunque dei poteri di gestione e di controllo - cosi' disciplinate con riguardo al settore per cui e' causa. Con riguardo alle modifiche apportate all'art. 2, e ad ulteriore specificazione della eccepita violazione dell'art. 11 Cost., va poi rilevato che il citato regolamento (CE) n. 1265/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999, pur prevedendo la possibilita' che i quantitativi trasferiti o ceduti - comunque con esclusivo riferimento all'ipotesi di trasferimento di quota senza corrispondente trasferimento di terra mediante affitti rurali - confluiscano alla riserva nazionale, chiarisce che tale confluenza puo' essere stabilita solo in base a criteri obiettivi; criteri nella specie assolutamente non esplicitati. Quanto alla modifica apportata al comma 6, l'ulteriore condizione posta direttamente con riguardo alla possibilita' di attuare trasferimenti di sola quota comprime ulteriormente le prerogative regionali, la cui violazione e' stata gia' compiutamente rilevata con riferimento all'originaria formulazione del decreto-legge; la piu' dettagliata disciplina e gli ulteriori adempimenti introdotti quali condizioni dei trasferimenti de quibus relegano cosi' ulteriormente le regioni ad un ruolo meramente esecutivo e di controllo in ordine a competenze che dovrebbero integralmente (e non solo formalmente) essere loro attribuite, in aperta violazione degli artt. 5, 115, 117 e 118 Cost., oltre che dell'art. 97 Cost., in quanto tale limitazione si inscrive in un contesto che vorrebbe operare, o quantomeno mostrare, l'effettiva "regionalizzazione" della materia, e dell'art. 11 Cost., in ragione della cosi' operata violazione dei gia' esplicitati principi comunitari in materia di decentralizzazione. Va poi rilevata l'evidente contraddizione, gia' evidenziata nel ricorso proposto avverso il d.-l. n. 8 del 2000 con riferimento ai commi 1, 2 e 6, insita nell'avere, da un lato, vietato i trasferimenti delle quote assegnate in forza del maggior quantitativo riconosciuto a livello nazionale (e confermato a monte il divieto di assegnazione di nuove quote ai soggetti che avessero nei tre anni precedenti stipulato contratti di trasferimento delle quote gia' possedute - sul quale divieto gia' si e' detto nel ricorso proposto avverso il d.-l. n. 8) e, dall'altro, incentivato, seppure in presenza di tassative e dettagliate condizioni poste direttamente a livello di normativa nazionale, i trasferimenti di sola quota ed i trasferimenti interregionali di cui alla prima parte del comma 6 (sui quali gia' parimenti si e' detto nel ricorso proposto avverso il d.-l. n. 8). Tale contraddittorieta' nella nuova formulazione del comma 2 si aggrava, in quanto in sede di assegnazione di nuove quote le limitazioni si moltiplicano ingiustificatamente; non solo non potranno essere, infatti, assegnate nuove quote ai produttori che abbiano in passato venduto, affittato o comunque ceduto i quantitativi di appartenenza, ma neppure i quantitativi assegnati potranno essere trasferiti per scelta diretta e non mediabile da parte del legislatore. Tutto cio' in violazione, oltre che degli artt. 3 e 97, degli artt. 5, 115, 117 e 118 Cost., per l'indebita compressione cosi' operata delle prerogative regionali in materia. 4. - Quanto alle modifiche apportate agli artt. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 Cost. Al comma 3 dell'art. 1, la legge di conversione impugnata con il presente ricorso, quanto alla diramazione dei dati derivanti dall'aggiornamento ad opera delle regioni e province autonome dei quantitativi di riferimento per la campagna 2000-2001, introduce la precisazione che le regioni e le province autonome stesse devono, appunto, provvedere all'eventuale aggiornamento dei suddetti quantitativi individuali dandone comunicazione, in duplice copia, di cui una recante la dicitura "per l'acquirente", agli interessati e, tramite il sistema informativo, all'organismo nazionale di intervento per il mercato agricolo e che la copia della comunicazione sottoscritta recante la dicitura "per l'acquirente" deve essere consegnata al produttore dell'acquirente medesimo e costituisce il titolo per l'applicazione delle disposizioni sul prelievo supplementare e che, infine, le regioni e le province autonome devono fornire copia delle predette comunicazioni, anche su supporto magnetico, agli acquirenti, alle loro organizzazioni, nonche' alle associazioni di produttori di latte ai sensi del regolamento (CE) n. 952/1997 del Consiglio del 20 maggio 1997. Al successivo comma 5 la legge di conversione introduce invece la precisazione che la riscossione coattiva mediante ruolo da parte delle regioni e province autonome del prelievo non versato deve essere effettuata previa intimazione e dopo avere verificato l'effettiva mancata trattenuta del prelievo da pade dell'acquirente, ovvero la natura non fittizia della stessa. Entrambe le modifiche illustrate risultano ulteriormente violative delle prerogative regionali in materia rispetto all'originaria formulazione delle disposizioni, in quanto specificano e dunque complicano, in assenza di trasferimento di risorse, le incombenze assegnate alle regioni in relazione alla diramazione dei dati quantitativi relativi alla campagna 2000-2001 e alla riscossione del prelievo supplementare. Basti in questa sede ricordare che le regioni si vedono costrette ad un pur eventuale aggiornamento di dati produttivi rilevati a livello centrale in assenza di adeguato trasferimento di risorse e si vedono altresi', in ragione delle modifiche introdotte dalla legge di conversione, gravate da un complesso procedimento di comunicazione, che vede addirittura tre destinatari, ovvero i produttori, l'organismo di intervento nel mercato agricolo e gli acquirenti. L'indebito relegamento delle regioni ad un ruolo meramente esecutivo, gia' compiutamente rilevato nel ricorso proposto avverso il d.-l. n. 8, e' dunque aggravato dalle minuziose disposizioni procedurali di derivazione statale, che, tanto con riferimento alla diramazione dei dati afferenti alla campagna 2000-2001, quanto al procedimento di riscossione del prelievo mediante ruolo ad iniziativa delle regioni, inibiscono alle regioni stesse di organizzare le proprie competenze, i propri uffici e le proprie risorse in autonomia. Tutto cio' in aperta violazione degli artt. 5, 115, 117, 118 e 119. 5. - Quanto alle modifiche apportate all'art. 1, comma 3-bis, violazione degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117 e 118. La legge impugnata con il presente ricorso ha introdotto in sede di conversione del d.-l. n. 8 del 2000 all'art. 1 il comma 3-bis, a norma del quale le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano devono provvedere ad adeguare il quantitativo individuale di riferimento alla produzione effettivamente commercializzata nel caso in cui, nel corso dell'ultimo periodo di dodici mesi, il medesimo quantitativo non sia stato utilizzato per almeno il 70 per cento. Sono fatti salvi i casi di forza maggiore e quelli debitamente certificati che colpiscono la capacita' produttiva dei produttori in questione, a condizione che siano comunicati alle competenti regioni e province autonome entro il 31 ottobre di ogni anno. Il sopradescritto comma 3-bis stabilisce, inoltre, - similmente a quanto stabilito al comma 2 con riguardo all'ipotesi di trasferimento dei quantitativi assegnati in forza dello stesso art. 1 del decreto-legge in questione e dell'art. 1, comma 21, del d.-l. n. 43 del 1999, convertito con modificazioni in legge n. 118 del 1999 - che i quantitativi di riferimento inutilizzati affluiscono alla riserva nazionale e sono riattribuiti alla regione o provincia autonoma cui afferiscono, la quale deve provvedere alla riassegnazione, entro il 31 marzo dell'anno successivo. Non si nega a questo proposito che l'ipotesi di perdita di quota connessa al mancato utilizzo della stessa della misura del 70% per il periodo indicato di dodici mesi sia prevista dallo stesso regolamento (CE) n. 1256/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999, ma va precisato la stessa fonte comunitaria rimette agli Stati membri la disciplina della fattispecie, in particolare se e a quali condizioni tutto o parte del quantitativo non utilizzato debba confluire nella riserva nazionale (salvi i casi di forza maggiore ed i casi debitamente giustificati che colpiscono la capacita' produttiva) e a quali condizioni un quantitativo di riferimento possa essere riassegnato ai produttori interessati. Viceversa, con l'introduzione del menzionato comma 3-bis, il legislatore, in violazione, oltre che degli artt. 3 e 97 Cost., dell'art. 11 Cost., connette alla mancata produzione della percentuale indicata del quantitativo di produzione l'automatica confluenza dell'intero quantitativo nella riserva nazionale; orbene la scelta operata a fronte delle conseguenze che alla stessa sono connesse - ovvero la perdita dell'intera quota in caso di sua mancata utilizzazione limitata al 70% della medesima - non pare affatto supportata da adeguata considerazione e, piu' a monte, avrebbe dovuto essere rimessa al livello territoriale piu' appropriato, ovvero a livello regionale, per potere essere cosi' determinata alla luce delle specifiche condizioni produttive locali. Inoltre, il termine del 31 ottobre entro il quale dovrebbero essere necessariamente comunicati alle regioni i casi di forza maggiore che hanno giustificatamente impedito la produzione, residuando da tale data ancora cinque mesi di produzione, e' chiaramente penalizzante, in violazione degli artt. 3 e 97 Cost., in quanto potrebbero a tale data sopravvenire cause di forza maggiore tali da inibire comunque la produzione nella percentuale segnalata. Con riguardo, poi, alla confluenza delle quote non utilizzate nella riserva nazionale e alla successiva redistribuzione, vanno svolte le medesime considerazioni gia' rilevate con riguardo al comma 2. In riferimento alla disposizione in epigrafe va dunque ancora una volta segnalata la violazione degli artt. 5, 115, 117 e 118 Cost., oltre che degli artt. 3, 11 e 97 della Costituzione gia' segnalati, per essere state le regioni totalmente estromesse dai poteri decisionali e gestionali che dovrebbero competere loro e relegate ad un ruolo meramente esecutivo e di controllo in un quadro normativo iniquo e viziato da irrazionalita' interna. 6. - Quanto alle modifiche apportate all'art. 1, commi 4, 5, 7 e 8-ter, violazione degli artt. 5, 11, 97, 115, 117 e 118 Cost. La legge impugnata, in riferimento alle dichiarazioni di consegna degli acquirenti, ai modelli L1, e relativo trattamento, ha introdotto al comma 4 la precisazione secondo la quale i quantitativi di latte risultanti dai modelli L1 pervenuti dopo l'effettuazione delle operazioni di compensazione nazionale sono assoggettati a prelievo definitivo per l'intero ammontare a carico dell'acquirente inadempiente, ferme le sanzioni previste dal regolamento (CE) n. 1001/1998 della Commissione del 13 maggio 1998; al comma 5 viene invece precisato che le operazioni di compensazione devono essere effettuate entro il 31 luglio di ogni anno e al comma 7 si stabilisce che il prelievo dovuto per i periodi 1997-1998 e 1998-1999 deve essere versato dall'acquirente entro trenta giorni dal ricevimento della relativa comunicazione da pade dell'A.I.M.A. in liquidazione. L'introdotto comma 8-ter attribuisce, infine, all'A.I.M.A in liquidazione la competenza in ordine all'aggiornamento del tasso di tenore medio nazionale di grasso di riferimento nel latte, entro la data del 30 giugno 2000 e stabilisce, poi, che il predetto tasso sara' successivamente aggiornato ogni due anni entro il 31 marzo, nel rispetto della normativa comunitaria. Quanto alla modifica relativa al caso dell'invio dei modelli L1 successivamente alla data di effettuazione delle operazioni di compensazione e alla conseguente integrale sopportazione del prelievo cosi' computato in capo all'acquirente inadempiente, sussistono profili di illegittimita' connessi con quanto disposto al successivo comma 5 in ordine alla data entro la quale debbono essere effettuate le operazioni di cui sopra, ovvero entro il 31 luglio di ogni anno, in quanto, con riguardo a quest'ultima disposizione, non si comprende se tale data sia indicata con riferimento alla campagna in corso (ipotesi comunque improbabile, considerato che le operazioni delle quali si discute presuppongono la determinazione dell'esubero di produzione eventualmente concretatosi con riguardo alla campagna di riferimento) o, come e' piu' probabile, a quella successiva; in questo caso, la data del 31 luglio parrebbe comunque incongrua, in violazione dell'art. 97 Cost., nonche' contraria agli stessi principi comunitari, in violazione dell'art. 11 Cost., in quanto determinerebbe la determinazione retroattiva del prelievo a quattro mesi di distanza dalla chiusura della campagna. Tutto cio', in tutta evidenza, si ripercuote in termini negativi sulle pur minime competenze esecutive riconosciute alle regioni e sulla stessa possibilita' di gestione del settore, in violazione dei piu' volte citati artt. 5, 115, 117 e 118 Cost. Quanto alla modifica apportata al comma 7 in ordine alla fissazione del termine di trenta giorni ai fini del pagamento del prelievo supplementare in riferimento ai periodi 1997-1998 e 1998-1999, tale disposizione, cosi' come modificata, nel richiamare le competenze di diramazione dei dati afferenti il prelievo supplementare in capo all'A.I.M.A. in liquidazione, pare voler legittimare alle competenze di cui sopra un organo, non solo non competente con riguardo al riparto costituzionale, in violazione degli artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione nonche' della decisione di codesta ecc.ma Corte n. 398 del 1998, ma altresi' ormai, come rilevato in fatto, in fase di liquidazione e, secondo la stessa legge di scioglimento, non piu' legittimato a compiere le operazioni de quibus. Parimenti illegittimo e' il comma 8-ter introdotto dalla legge impugnata, in quanto, in evidente violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118, rimette all'A.I.M.A in liquidazione la determinazione, valevole per ben due anni, del tenore medio nazionale di grasso dimenticando che l'ente medesimo, in quanto soppresso, non e' piu' legittimato a stabilire alcunche', tanto meno in assenza di adeguato coinvolgimento delle regioni. 7. - Quanto alle modifiche apportate all'art. 1, comma 7-bis, violazione degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117 e 118. La legge di conversione impugnata inserisce all'art. 1 il comma 7-bis, a norma del quale, fermo restando quanto previsto dall'art. 1, comma 6, del d.-l. n. 43 del 1999, convertito, con modificazioni, in legge n. 118 del 1999, l'esatta localizzazione delle aziende ubicate in comuni parzialmente delimitati ai sensi della direttiva n. 75/368/CEE, con effetto a decorrere dal periodo 1998-1999, non opera ai fini dell'applicazione dell'art. 2, comma 1, del d.-l. n. 727 del 1994, convertito, con modificazioni, in legge n. 46 del 1995. A norma del richiamato art. 1, comma 6, del d.-l. n. 43 del 1999, convertito in legge n. 118 del 1999 (disposizione specificatamente censurata dalla ricorrente in sede di impugnazione del decreto-legge citato), le regioni e le province autonome, ai fini dell'applicazione dei criteri di priorita' fissati dal successivo comma 8 con riferimento alle operazioni di compensazione nazionale, avrebbero dovuto trasmettere all'A.I.M.A le informazioni relative all'esatta localizzazione delle aziende ubicate in comuni parzialmente delimitati ai sensi della direttiva n. 75/368/CEE, ma con effetto a decorrere dal periodo 1998-1999. Ora, l'indebita compromissione allora operata dalla disposizione menzionata, non solo a danno delle prerogative regionali in materia di agricoltura, ma anche di controllo sul territorio (non si prevedeva infatti la localizzazione ad opera delle regioni, ma il mero invio di informazioni ai fini della localizzazione da parte dell'A.I.M.A e cio' comunque con effetto decorrente dalla campagna 1998-1999), e' aggravata dalla disposizione citata in epigrafe, che addirittura impedisce che le localizzazioni de quibus possano rilevare ai fini di cui all'art. 2, comma 1, del d.-l. n. 727/1994, convertita in legge n. 46/1995, ovvero ai fini del procedimento di riduzione delle quote, onde consentire, diversamente, una piu' corretta ripartizione della riduzione proporzionale. Tutto cio' in evidente violazione, oltre che degli artt. 3, 11 e 97 Cost., degli arttt. 5, 115, 117 e 118 Cost. 8. - Quanto alle modifiche apportate al comma 8-bis, violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118, anche in riferimento al principio di leale collaborazione tra Stato e regione e all'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997. La legge di conversione impugnata ha infine aggiunto all'art. 1 il comma 8-bis, a norma del quale il quantitativo di latte attribuito ai sensi del regolamento (CE) n. 1256/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999, con decorrenza dal 1o aprile 2001, affluisce alla riserva nazionale ed e' ripartito tra le regioni e province autonome sulla base di criteri stabiliti con decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali. Lo schema di decreto, sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e' trasmesso al Parlamento per l'espressione del parere da parte delle competenti commissioni parlamentari. A norma della medesima disposizione, sono poi stabiliti con le medesime modalita' i criteri per la ripartizione tra le regioni e province autonome dei quantitativi che affluiscono alla riserva nazionale a seguito di revoche, rinunce ed abbandoni effettuati ai sensi della normativa nazionale e comunitaria vigente o per effetto di ulteriori aumenti comunitari del quantitativo globale nazionale. La disposizione citata prevede dunque la mera consultazione della conferenza permanente in sede di adozione del decreto ministeriale che dovrebbe non solo stabilire i criteri di ripartizione tra le regioni del quantitativo che a decorrere dal 2001 la UE ha riconosciuto a livello nazionale, ma anche i criteri di ridistribuzione delle quote revocate o cedute (che dovrebbero, come gia' rilevato in riferimento al comma 2 e al comma 7-bis, essere ridistribuite a livello regionale). La violazione delle disposizioni costituzionali citate in epigrafe e' dunque evidente; ancora una volta viene aggirato il disposto dell'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997 in spregio del principio costituzionale di leale collaborazione tra Stato e regioni, riaffermato con fermezza in riferimento al settore per cui e' causa da codesta ecc.ma Corte con sentenza n. 398 del 1998, e degli artt. 5, 115, 117 e 118. Cio' e' tanto piu' grave se si considera che verrebbe cosi' lasciata alla discrezionalita' ministeriale, con l'unico filtro del parere delle competenti commissioni parlamentari, la determinazione dei criteri che dovrebbero portare alla equa redistribuzione del quantitativo riconosciuto dalla UE alle regioni e dei quantitativi revocati o ceduti, cosi', da un lato non assicurando l'equa ripartizione del nuovo quantitativo alla luce della produzione regionale, e, dall'altro, parimenti non assicurando la riaffluenza delle quote "dismesse" nel bacino regionale di appartenenza.